Iscriviti OnLine
 

Pescara, 18/12/2025
Visitatore n. 750.317



Data: 05/04/2013
Testata giornalistica: Rassegna.it
Contratti, l'articolo 8 va cancellato. È la norma che prevede deroghe aziendali alla contrattazione nazionale. Fu introdotta dal governo Berlusconi nella "manovra di Ferragosto" 2011.

Non è salito al rango di totem come l'articolo 18, per il quale andarono in piazza tre milioni di persone. Ma i suoi effetti possono essere molto dannosi per i lavoratori, se non altro perché meno facili da capire e da combattere. È il famigerato articolo 8, quello introdotto dall'ex ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, per derogare i contratti nazionali. Se n'è parlato oggi, giovedì 4 aprile, durante un confronto nella sede della Cgil tra operatori del diritto e sindacalisti; appuntamento organizzato dalla Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale per l'uscita del nuovo numero dedicato proprio a questi temi. Convinzione unanime dei presenti: l'articolo 8 va abrogato (dicono i giuristi), va cancellato (dicono i sindacalisti).

La norma in questione fu inserita all'ultimo momento nella manovra di agosto 2011, quella con cui il governo Berlusconi provò inutilmente a salvarsi. In poche parole, prevede la possibilità di deroghe a favore dei contratti aziendali rispetto ai ccnl. E tutti gli esperti intervenuti al seminario sembrano concordare sulla pericolosità di un'idea del genere. Non c'è solo l'uscita della Fiat dalla Confindustria e il suo nuovo contratto. Ci sono pezzi interi di associazioni d'imprese alla ricerca di nuove intese più vantaggiose per loro e meno per i lavoratori. Ci sono gli accordi separati che, a loro volta, possono essere ancora derogati, col rischio di un contratto à la carte: ognuno se lo sceglie, come al menu del ristorante.

“È una vera e propria sfida alla Costituzione: la tappa finale di un processo iniziato nel 2003 con la legge intitolata a Marco Biagi e proseguito col collegato lavoro di tre anni fa, quello che introduceva l'arbitrato; per arrivare al 13 agosto 2011, al decreto legge col quale Sacconi fece l'ultimo 'regalo' alla Cgil”. Così Umberto Carabelli dell'Università di Bari. “Oltretutto il decreto è stato fatto dopo l'accordo interconfederale del 28 giugno – ricorda Carabelli – col quale si era riusciti a dare al contratto nazionale una funzione centrale, di coordinamento. E invece ora ci ritroviamo una norma dalla forte potenza decostruttiva, un attacco alla redistribuzione della ricchezza e alla funzione storica del contratto nazionale. È come se esistessero non uno, ma migliaia di diritti del lavoro, secondo le condizioni della singola azienda”.

In casa Cgil, si diceva, la richiesta è unanime. “Va cancellato e rimosso, non ci sono mediazioni”. Questo “deve essere l'obiettivo di un'azione sindacale, e anche politica, che voglia rimettere al centro il lavoro”. Così il segretario della Fiom, Maurizio Landini. All'articolo 8, dice il leader delle tute blu, “si è arrivati su richiesta esplicita della Fiat per coprire gli accordi che aveva fatto prima. Sacconi ha seguito una strategia precisa e c'è stata una sottovalutazione sia del sindacato sia della politica”. A suo giudizio non è sufficiente cancellarlo. “Serve una legge sulla rappresentanza, bisogna dire no alla detassazione del salario di produttività che blocca l'aumento del salario di base del contratto nazionale. Bisogna contrastare l'individualizzazione del lavoro, un elemento che alla fine porterà alla fine del sindacato se non capiamo quello che gli altri vogliono fare”.

Per Emilio Miceli, segretario della Filctem Cgil, “l'articolo 8 rappresenta il pezzo del paese che è contro il sindacato e, allo stesso tempo, fa capire che siamo giunti ai minimi delle relazioni sindacali. È anche un problema nostro, del sindacato. Va abolito, non c'è dubbio, ma bisogna anche ripensare da parte nostra al modo per ricostruire il sistema della contrattazione a partire dalla rappresentanza”. “Dagli attuali 416 contratti nazionali si deve passare a una trentina, e non a tre grandi gruppi come esempio il contratto dell'industria”, aggiunge il leader della Fisac Cgil, Agostino Megale. Tra le sue proposte, quella di dare vita a una nuova sezione contrattuale per i precari: “Questa battaglia non la possono fare da soli i 3,5 milioni di collaboratori. Abbiamo lanciato delle campagne, ma è l'insieme del sindacato che deve assumere questa battaglia come spinta verso il cambiamento”.

Tre i possibili utilizzi dell'articolo 8, fa notare Adalberto Perulli dell'Università di Venezia: il primo, più innocuo ma con valenza ideologica forte, è fare con questa norma cose che si potrebbero fare senza, con le deroghe già esistenti (come si è fatto nell'accordo Ilva che alza la durata media dell'orario di lavoro); il secondo uso, “fisiologico”, rispetta i paletti imposti dalla legge ma ha comunque un effetto decostruttivo; il terzo caso è quello degli abusi che violano persino le direttive comunitarie: “Ce n'è uno che elimina i tempi di attesa tra i contratti; un altro che eleva da pochi giorni a otto mesi il periodo di prova”.

“Come Cgil dal primo momento abbiamo chiesto l'abrogazione dell'articolo 8”, ricorda nelle conclusioni il segretario confederale Serena Sorrentino: “Ma anche una volta conquistato l'obiettivo – osserva – rimarrebbero da sciogliere i nodi nati dall'esistenza di questo articolo e dall'idea dei suoi sostenitori, coloro che spingono per le deroghe e per un modello di competizione low cost”. Perciò “è tempo di guardare a una riforma degli assetti contrattuali che provi a allargare i perimetri contrattuali e renderli inclusivi”.

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it