ROMA Strozzati dalle tasse. I cittadini italiani sono soffocati da una pressione fiscale che è sempre stata molto alta, ma mai a questi livelli. Nell’ultimo trimestre del 2012 è arrivata alla bellezza del 52% del Pil, l’1,5% in più rispetto allo stesso periodo del 2011 quando superò di mezzo punto la soglia del 50%. Un record assoluto, fa sapere l’Istat. In pratica più della metà della ricchezza prodotta dal Paese è finita nelle casse del fisco. In gran parte è stato l’effetto Imu, l’imposta municipale sugli immobili, la cui seconda rata ha svuotato i già magri portafogli degli italiani. Una manna dal cielo per i conti pubblici, una stangata mai vista per il sistema produttivo, date le conseguenze fortemente depressive sui consumi. E nel 2013, a meno di aggiustamenti in corso d’opera, andrà ancora peggio dato che l’Imu - nonostante le promesse elettorali di tutti gli schieramenti - è sempre in piedi, alle porte c’è la mazzata della Tares (la nuova tassa sui rifiuti) e a luglio ci sarà un nuovo aumento dell’Iva. Per ora abbiamo solo i dati - diffusi proprio ieri dal Tesoro - relativi alle entrate tributarie di gennaio e febbraio: +0,5%.
A livello annuo il 2012 si è chiuso con una pressione fiscale (rappresentata dalla somma di tutti i tipi di imposta - dirette o indirette, in conto capitale e contributi sociali - in rapporto al Pil) al 44%, che rappresenta comunque un record. Nel 2011 era al 42,6%.
Prendiamo le sole entrate erariali: nonostante il calo del Pil, nonostante il crollo dei consumi, nel 2012 sono cresciute del 2,8%, che in soldoni significa un maggiore incasso di oltre 11 miliardi e mezzo (il totale è stato di circa 424 miliardi di euro). Per l’Imu lo Stato ha incamerato oltre 8 miliardi. Ma per i cittadini il conto è stato molto più salato: comprendendo anche la quota versata ai comuni l’Imu nel 2012 ha raccolto ben 23,7 miliardi di euro.
UN CONTO SALATO
Poco consola che le previsioni iniziali del governo stimavano una pressione fiscale annua per il 2012 pari al 44,7%. Non ci siamo arrivati non perché è diminuita qualche tassa, anzi. Ma l’economia è andata così male che gli aumenti hanno compensato meno del previsto: è il caso dell’Iva, le cui aliquote sono state aumentate, ma il gettito è risultato comunque in calo dell’1,9%, a causa del crollo dei consumi. E così le stime del governo sono saltate. Nel complesso comunque le entrate fiscali sono lievitate: +5,2% quelle indirette (con Imu e accise), altrettanto quelle dirette (con Irpef e addizionali regionali). Ed ecco che la pressione fiscale è schizzata in alto.
Siamo ormai a un peso «insostenibile», lamentano all’unisono sindacati, aziende e consumatori. «Le prospettive di ripresa dell’economia sono del tutto inconciliabili con l’attuale livello della pressione fiscale» dice la Confcommercio. «Di questo passo assisteremo a una ulteriore ecatombe di posti di lavoro e chiusure di imprese con un ulteriore, drammatico, crollo dei consumi» aggiunge la Confesercenti. «Bisogna invertire questa tendenza con un provvedimento d’urgenza che riduca le tasse sul lavoro da finanziare attraverso la destinazione automatica dei proventi della lotta all’evasione fiscale» suggerisce la Uil. La riduzione delle tasse sul lavoro, sulle imprese che investono e sulle pensioni, per la Cgil è possibile «intervenendo sulle rendite finanziarie».