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Data: 19/04/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
La scelta del Presidente della Repubblica - Marini impallinato: 224 franchi tiratori. Bufera nei democrat: Quirinarie lampo. L’ex presidente del Senato non passa, poi la scheda bianca

ROMA La fumata nera che, sulla base di attendibili proiezioni, ha cominciato a prender corpo a circa un quarto dello scrutinio dei voti intorno all’ora di pranzo, ha tolto l’appetito ai kingmaker Bersani e Berlusconi, che avevano confidato di poter spingere sul Colle Franco Marini già al primo voto. Giornata guastata, naturalmente, anche al candidato del vasto schieramento che, sulla carta, poteva contare su 745 voti e che invece, sotto una valanga di 224 franchi tiratori, ne ha raccolti solo 521. Ben 151 in meno del quorum dei due terzi che per le prime tre votazioni scatta a 672. Al contrario, il risultato faceva la felicità del M5S e del suo candidato, Stefano Rodotà, con 240 suffragi, 77 in più dei numeri su cui possono contare i grillini in Parlamento, a cui si erano però aggiunti i 45 di Sel e gli aiutini di diversi grandi elettori pd. Altra sorpresa i 41 voti - prevalentemente di matrice renziana - andati all’ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino.
LA MATTINA

E dire che Marini aveva iniziato la giornata decisamente di buon umore, svegliato, quasi, da una telefonata d’auguri di Ciriaco De Mita, artefice nell’85 della plebiscitaria elezione di Cossiga alla prima tornata. Aveva liquidato ai microfoni di Tgcom24 l’ipotesi di spaccature o scissioni del Pd e ai diversi amici abruzzesi che si complimentavano per la designazione rispondeva rassicurante: «Sono in corsa e me la gioco fino in fondo». Poi l’agguato dei franchi tiratori che, sia pur temuto, non si pensava dovesse assumere tali proporzioni. Non erano però mancati segnali preoccupanti, oltre all’inequivocabile niet dei seguaci del sindaco di Firenze. Aveva iniziato Ignazio Marino affermando che avrebbe «votato convintamente Rodotà perché rappresenta il cambiamento che serve al Paese». Poi Roberto Giachetti aveva confermato la sua preferenza per Emma Bonino. Il prodiano Franco Monaco aveva annunciato il suo voto per lo scrittore Claudio Magris e così anche altri esponenti democrat avevano mostrato la punta di un massiccio iceberg di dissenso nei confronti del candidato messo in campo da Bersani. Il quale, conscio dell’appesantirsi del clima tra i suoi grandi elettori, ai cronisti che gli chiedevano se sarebbe stato possibile eleggere Marini al primo voto, rispondeva: «Boh, vediamo». Poi alla luce del crudo verdetto delle urne, il segretario - fiducioso, almeno a parole, che «una soluzione si troverà comunque» - riconosceva la necessità di «prendere atto dell’apertura di una fase nuova», assumendo a nome del Pd «la responsabilità di avanzare una proposta a tutto il Parlamento». Proposta da definire attraverso una sorta di ”quirinarie-lampo“ riunendo i grandi elettori del Pd per individuare il nuovo candidato dello schieramento con cui affrontare gli scrutini, dal quarto in poi, a quorum più basso. A questo scopo pare che Bersani abbia sondato Marini per capire se avesse intenzione di ritirarsi. Ma la risposta dell’ex segretario della Cisl sarebbe stata per continuare, almeno per ora. Proprio per poter effettuare questa consultazione dei propri parlamentari il Pd ha chiesto ieri lo slittamento della quarta votazione da oggi pomeriggio a sabato mattina, ricevendo - ancora prima della riunione di oggi dei capigruppo in cui probabilmente si svolgerà un braccio di ferro sulla richiesta dei democrat - un rifiuto dai presidenti dei gruppi pdl, Schifani e Brunetta, contrari - sostiene una nota - «a manovre dilatorie, oltre che per il governo, anche per la scelta del capo dello Stato, solo perché il Pd deve risolvere i suoi evidenti e gravi problemi interni».
A rendere ancor meno felice la situazione del Partito democratico si aggiungeva ieri una vivace dimostrazione tenuta a piazza Montecitorio di un nutrito e rumoroso gruppo di militanti che, sostenendo la loro preferenza per il candidato di M5S, Stefano Rodotà, innalzavano cartelli con scritto «Bersani sicario del Pd» o «Abbandonate Marini o non vi votiamo più». E proprio da questo nucleo di contestatori partiva un boato di osanna alla notizia dell’impallinamento di dell’ex presidente del Senato al primo scrutinio.
Alla seconda chiamata Pd, Pdl e Scelta Civica decidevano di passare alla scheda bianca, che risultava largamente vincente: 418 contro le 104 del primo scrutinio. Manteneva le posizioni Rodotà, cresceva invece considerevolmente il carniere di Chiamparino, il cui profilo, raggiungendo quota 90, sembrava diventare qualcosa di più di quello di un semplice candidato di bandiera. Gli ulteriori sviluppi a oggi, quando - dopo la terza votazione destinata ad andare a vuoto - si entrerà nella fase calda dell’elezione del capo dello Stato e basteranno 504 voti per ascendere al Quirinale. Intanto a nome di Scelta Civica, il premier Monti candida Anna Maria Cancellieri: «Una figura di alto profilo istituzionale»

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