ROMA Alla prima votazione per il Capo dello Stato Franco Marini non ha raggiunto il quorum per 151 voti. Non hanno votato per Marini ben 224 Grandi Elettori. Fumata nera anche al secondo scrutinio nel quale Pd e Pdl hanno dato indicazione di votare scheda bianca. Il Pd, fra polemiche durissime, ora sembra puntare su Prodi e D’Alema. Bersani sta tentando di raggiungere l’unanimità del partito, altrimenti farà primarie su più nomi.
L’ex ministro ieri a fatica ha votato per Franco Marini e ora vede materializzarsi «lo spettro di Romano Prodi». «Una forzatura, un golpe», lo definisce Silvio Berlusconi che solo a notte tarda rientra da Udine dove ha sostenuto il candidato del centrodestra alla regione. L’ex presidente del Senato non ce l’ha fatta e il Cavaliere ci ha messo del suo se è vero che ieri l’altro, appena Bersani lo ha salutato dopo avergli sottoposto la rosa (Amato, Marini e D’Alema), avrebbe chiamato il presidente del Copasir giustificando la scelta di non votarlo preferendogli Marini, come una gentilezza fatta allo stesso Bersani. Ora però che le prime due votazioni sono state bruciate, l’ex presidente del Consiglio teme che la sinistra si ricompatti «come al solito contro di me».
Non sono tanto i leader del Pd a preoccupare il Cavaliere, quanto la fragilità con la quale buona parte dei grandi elettori del centrosinistra viene perforata dalla rete. La valanga di mail che ha letteralmente intasato le caselle di posta di moltissimi parlamentari del Pd e di Sel con messaggi di protesta per la scelta di Marini, i twitter e i messaggi postati su Facebook, hanno condizionato non poco la scelta.
RIPENSAMENTI
Racconta infatti Rosy Bindi ad un collega «che l’altro ieri era stato lo stesso Vendola a dire sì a Marini», ma la reazione degli eletti, della base e infine la definizione data dal Cavaliere di Marini come «miglior scelta per noi», hanno fatto il resto. Falliti due tentativi e archiviata di fatto anche la candidatura di Marini, a largo del Nazareno si cerca una via d’uscita nell’assemblea che si terrà stamane e nella quale Bersani tenterà di far passare subito il nome di Romano Prodi. L’intesa sul Professore dovrebbe esserci perché nelle trattative notturne sul nome del Professore sono arrivati non solo Vendola e Renzi, ma anche Veltroni, Letta, Franceschini e lo stesso D’Alema. Si concretizza quindi così quel «cambio di scenario», annunciato ieri pomeriggio dal segretario del Pd, che ha subito preoccupato Gaetano Quagliariello tanto da spingere l’esponente del Pdl a chiamare prima Alfano e poi Gianni Letta.
Dopo la brutta giornata di ieri il segretario del Pd sembra aver abbandonato l’idea di un’intesa con il Pdl anche in vista di un possibile incarico di governo e punta tutte le sue carte sul Professore sul cui nome però non è possibile sbagliare. Infatti se stamane, nel corso dell’assemblea al Capranica dei grandi elettori del Pd emergeranno distinguo, si passerà al piano B. Ovvero si allestirà una sorta di consultazione interna da farsi a tambur battente - con tanto di primarie e ballottaggio - che però la componente degli ex Margherita ha da subito osteggiato definendola «una totale delegittimazione del quadro dirigente» e «un po’ surreale» visto che si farebbe a Parlamento convocato.
ADDIO GOVERNO
«Mi sembra evidente che la sconfitta sul nome di Marini certifichi l’impossibilità di ogni patto del Pd con il Pdl», sostiene Rosario Crocetta, governatore siciliano e gran conoscitore dei grillini. A loro Bersani non intende però rivolgersi ufficialmente, ma è indubbio che il nome del Professore potrebbe rappresentare il grimaldello per arrivare ad eleggere un capo dello Stato grazie magari anche a qualche voto del M5S. Dopo la sconfitta subita dal Pd sul nome di Marini, Bersani capovolge il metodo seguito sino al giorno prima e si prepara a proporre un nome che salvi la compattezza del partito. Un nome secco o, qualora dovessero emergere distinguo, una rosa di nomi (Romano Prodi, Massimo D’Alema, Stefano Rodotà, Sergio Mattarella e Sabino Cassese) sui quali dovrebbero esprimersi i grandi elettori del Pd. Indubbiamente il grande vincitore di ieri dentro al Pd appare Matteo Renzi.