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Pescara, 18/12/2025
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Data: 25/04/2013
Testata giornalistica: Il Centro
Intervista a Luciano D'Alfonso - «Il nuovo sindaco? Punto su Marramiero». Luciano D’Alfonso indica i suoi favoriti e pensa alle “sue” regionali «Se vinco ho 10 obiettivi, se perdo vado ad allevare galline faraone»

Racconta Luciano D’Alfonso che da bambino di campagna si divertiva ad allevare galline faraone e che coltiverebbe ancora quel sogno se, quarant’anni dopo, non avesse deciso di fare il presidente della Regione. Dalla sua casa, in cui sul comodino c’è un libro di Stefano Rodotà, l’ex sindaco di Pescara, lettomanoppellese di nascita, politico influente del Pd, ha accettato di giocare al toto-sindaco di Pescara, di perdonare il pm Gennaro Varone che ha interrotto la sua carriera e di strabordare, dalfonsianamente, nei “dieci comandamenti” della Regione a cui ambisce. D'Alfonso, chi candiderebbe al Comune di Pescara? «Penso a sei persone dentro e fuori l’attuale comunità. Chi sono? Marco Alessandrini, Gianluca Fusilli, Antonio Blasioli, Nicola Mattoscio, Enrico Marramiero e Antonello Ricci». Un aggettivo per descrivere ognuno? «Alessandrini è la serietà; Fusilli è la competenza effervescente. Blasioli rappresenta la meticolosità e Mattoscio il rigore. Marramiero è la rappresentatività e Ricci, manager di Maresca, l’intelligenza». Lei chi investirebbe? «La persona che suscita in me molta simpatia è Alessandrini. Poi, ho una stima senza misura per l’imprenditore Marramiero». Chi le piacerebbe sconfiggere? «Non ho le categorie mentali dell’amico e del nemico, né sconfitte da augurare. La persona adatta per fare il sindaco di Pescara deve avere cultura istituzionale, consapevolezza economica, capacità di convergenza e visione del futuro». Se sarà eletto alla presidenza della Regione, quale sarà il primo provvedimento che adotterà? «Una legge che stabilisca dieci obiettivi. Al primo posto dei dieci, rendere facile la vita delle imprese in Abruzzo e per vita s’intende guidarle dalla natalità all’evoluzione e, poi, pensare all’irrobustimento internazionale. Il secondo obiettivo è fare in modo che le opportunità di lavoro siano a portata di tutti: rendendo un diritto, per chi ha terminato il percorso scolastico, l’avvicinamento tra la formazione teorica della scuola e l’accesso graduato al lavoro. Gli strumenti ci sono, ovvero gli stage e il tirocinio. Terzo, completare la dotazione infrastrutturale dell’Abruzzo in quest’ordine: ferro, acqua, gomma e cielo e realizzare, poi, alleanze di regioni con le Marche e il Molise. In Abruzzo dovrà essere facile curarsi, quindi penso alla sanità. L’altra priorità sarà fare in modo che ci siano il diritto alla bellezza, alla velocità e alla facilità. Ma quello che vorrei aggiungere è riconoscere il diritto a moltitudini di cittadini portatori di interesse ad attivare procedimenti normativi e prevedere nello statuto la possibilità di revocare incarichi di governo attraverso la mobilitazione di cittadini. Se si verifica che un affidatario di un incarico pubblico si muove in contrasto con l’interesse collettivo sarà iniziativa della Regione rimuoverlo ma anche dei cittadini». Come potranno fare, ad esempio, i cittadini a rimuovere un assessore? «Diecimila persone, faccio per dire, strutturano una petizione e questa determina che l’organo collegiale competente intanto determini un riscontro alla richiesta motivata. Vorrei la procedimentalizzazione della petizione e l’obbligo del titolare a dire sì o no. Ma non andrà in onda la folla demolitrice». Ha detto no perditempo. Chi sono stati i perditempo e chi, nella sua eventuale squadra, è in grado di farlo recuperare? «Tutti quelli che conoscono la regione solitamente hanno a cuore il tempo, soprattutto in questa fase in cui non è possibile perderlo. Quello che ho rilevato è un deficit di cultura regionalista, persone che sono pervenute alla Regione o per casualità o per una specie di trascinamento di carriera. Tra i miei obiettivi c’è anche l’emersione delle città distretto-intermedie». E Gianni Chiodi? «E’ il minimalismo della regionalità». Chi imbarca con lei? «Se fosse vivo candiderei Emilio Mattucci». Tra i vivi? «Vorrei che la prossima esperienza di governo fosse caratterizzata da persone che sanno cosa fare e hanno esperienza: uno come Graziano Di Costanzo (direttore generale Cna Abruzzo, ndr) può essere d’aiuto ma penso anche al professor Mattoscio e a tante altre personalità della comunità dei partiti, dell’università e delle associazioni. Ho sempre pensato che la più grande risorsa posta in essere dai cittadini quando si associano è il potere: il potere assunto legittimamente dalle classi dirigenti va esercitato per realizzare sicurezza e comodità delle persone, delle imprese e dei territori. La politica deve riempire il vuoto tra il progetto di vita dei singoli o degli associati e la norma». In tempi di richiami alle grandi intese, con chi inciucerebbe? «La penso come Galli Della Loggia: l’inciucio sta diventando una parola di facile utilizzo». C’è un modello di regione a cui ambisce? «Più che regioni italiane mi viene in mente la Baviera per la democrazia e la Silicon Valley per come hanno saputo concepire le imprese». Inviterebbe il pm Varone a cantare a un suo comizio? «Mi piacerebbe conoscerlo, mi piacerebbere invitarlo su una frontiera di discorso pubblico ponendo al centro il tema delle città e del governo Abruzzo». Perdona Varone? «Non ho mai pensato che che abbia realizzato tutto quello che ha fatto contro di me. Ha preso a oggetto decisioni e delibere, non la persona». Se perde le elezioni, cosa fa? «Mi metto a studiare. Perdere le elezioni è un rischio che ovviamente metto in conto. Quello che temo, al limite, è di perdermi. Mi resterebbero comunque i mie sogni nel cassetto: fare il perito agrario e allevare galline faraone». Se vince le elezioni, in quale chiesa va ad accendere un cero? «La chiesa di San Giuseppe a Leonessa» (il convento dove D’Alfonso si è ritirato aspettando la sentenza di assoluzione. ndr). Già a scuola parlava in dalfonsese? «No. Ho iniziato a parlare in maniera appassionata – è così che definisco il mio eloquio – quando ho conosciuto il grandissimo Luciano Russi. Da ragazzo no, a quei tempi ero rappresentante d’istituto del Galilei, una cosa eccezionale per chi come me veniva da un paese. A 16 anni ho venduto birre alle feste popolari di Manoppello e da dietro al bancone ho iniziato a chiedermi quanto spendesse una famiglia e a pensare alla crisi montante...»

E il Pdl? Probabile staffetta tra il sindaco Mascia e il presidente Testa

Se il Pd inizia a scaldare i motori per le prossime elezioni che si terranno nel 2014, il Pdl è ancora in alto mare. Il paritito di centrodestra ha schierato, a partire dal 2009, al Comune il sindaco Luigi Albore Mascia e alla Provincia il presidente Guerino Testi balzati in politica con l’etichetta dell’onestà e della trasparenza e arrivati alla guida dopo una stagione di comando del centrosinistra sia al Comune che alla Provincia. Amici, quasi coetanei – Mascia ha 47 anni e Testa ne ha 43 – hanno lasciato le rispettive professioni di avvocato e commercialista per dedicarsi alla città e ai 46 comuni che compongono la provincia di Pescara portando nelle rispettive giunte volti nuovi della politica, alcuni esterni e figure più navigate. Eppure, alla prossima tornata elettorale,lo scacchiere potrebbe cambiare con una staffetta tra Mascia e Testa, tra i due politici simbolo della pescaresità, con il presidente Testa che potrebbe candidarsi a fare il sindaco di Pescara uscendo dalla porta del palazzo della Provincia in piazza Italia per entrare, nel caso di elezione, in quella di fronte del Municipio. Se il centrosinistra inizia ad avere idee più precise sul nome da candidare con l’ex sindaco D’Alfonso che spinge su sei persone in particolare per riprendere in mano la città, il centrodestra sta ancora riflettendo in un dietro le quinte in cui c’è Lorenzo Sospiri, consigliere comunale e anche regionale, il politico più esperto e di riferimento a Pescara del partito di Berlusconi.

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