Una telefonata alle nove e mezza di sera per chiudere l’accordo sul governo. Silvio Berlusconi ha chiamato ieri sera Enrico Letta dopo una lunghissima riunione pomeridiana a palazzo Grazioli a Roma con il vertice del partito, appena rientrato dall’America, nella quale ha cercato di superare anche le resistenze di chi, nel Pdl, non era d’accordo a formare un esecutivo insieme ai Democratici. Malumori dettati principalmente dalla richiesta di avere posti nei ministeri. Anche il Cavaliere, comunque, ha fissato dei limiti al campo di azione di Enrico Letta per formare l’esecutivo. Due sono le caselle che preoccupano e interessano l’ex premier, quella dell’Economia e quella della Giustizia. La prima è particolarmente importante perché il tema sul quale Berlusconi non accetta obiezioni è quello sulla revisione dell’Imu. Che resta anche il punto più controverso dell’accordo con Enrico Letta, quello sul quale le trattative, andate avanti tutta la notte, hanno rischiato di arenarsi. Per questo il Cavaliere lì vuole qualcuno che possa avere voce in capitolo. Il nome in corsa è quello di Renato Brunetta che si è andato a scontrare con i due candidati proposti dal Pd, Fabrizio Saccomanni, direttore generale della Banca d’Italia e il capo economista dell’Ocse Pier Carlo Padoan. Un punto di attrito fortissimo perché Berlusconi, su questo, non ha voluto accettare compromessi. «Basta con i tecnici – ha commentato – con loro abbiamo già dato». E in mattinata, tornando da Dallas, aveva anche scherzato sulla possibilità di avere lui quell’incarico: «Ora serve un governo politico che sappia rilanciare l'economia. Se volessero fare le cose per bene chiamerebbero me, che in campagna elettorale ho sempre detto che mi proponevo come ministro del Tesoro e non come premier, ma non lo faranno mai. Allora c'è Brunetta: sarà incazzoso, litigioso, ma è uno molto intelligente». Per il ministero della Giustizia Berlusconi non chiede posti per esponenti del Pdl ma pretende un nome di «garanzia». Insomma qualcuno che lo possa difendere dai prossimi attacchi della magistratura. Il nome giusto potrebbe essere quello di Luciano Violante o dell’attuale vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura Michele Vietti, ex Udc.
Ma che comunque Berlusconi fosse convinto di dire sì a un governo insieme al Pd e a Lista Civica si era capito già dalla mattina. «Nodi da sciogliere? Non mi è parso che ci fossero problemi veri – aveva commentato intervistato da Tgcom24 – Certamente non possiamo pretendere un accordo al 100% però ho sentito i miei molto confortati». Insomma una disponibilità quasi totale. Frutto di un paziente lavoro di mediazione che ha svolto Gianni Letta. Il consigliere di Berlusconi, per un periodo, è stato messo in ombra dai falchi del partito. Quelli che hanno consigliato a Berlusconi, a dicembre, di togliere la fiducia al governo Monti e che poi hanno insistito per andare di nuovo alle elezioni dopo il voto di sostanziale pareggio del 24 e 25 febbraio. L’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio è rimasto in silenzio, ha osservato, ma ha continuato a lavorare per arrivare a un’altra soluzione. Un impegno che si è concretizzato con la scelta di Giorgio Napolitano di affidare l’incarico per formare il governo al nipote, Enrico. Letta, lo zio, ha fatto sul Presidente della Repubblica una forte «moral suasion» per convincerlo che quella era la scelta giusta, l’unica che poteva tenere insieme tutti pezzi di un puzzle che nessuno riusciva a ricomporre. E con Enrico in corsa per palazzo Chigi per Berlusconi è diventata impraticabile la possibilità di rifiutarsi a collaborare per il nuovo esecutivo. Gianni Letta, in questi giorni in cui il Cavaliere è stato invitato a Dallas per l’inaugurazione della biblioteca dedicata a George W. Bush, ha tenuto i contatti con i Democratici, insieme al segretario del Pdl Angelino Alfano. E proprio quest’ultimo ieri sera, finita la riunione a palazzo Grazioli, è andato a Montecitorio a incontrare Enrico Letta. Un colloquio durato poco meno di un’ora. Poi Alfano è tornato a palazzo Grazioli a informare Berlusconi.