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Pescara, 18/12/2025
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27/04/2013
Il Centro
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Letta vuole chiudere scontro sui ministri. D’Alema, Brunetta, Amato L’ultimo braccio di ferro |
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Quasi tre ore di colloquio con Napolitano, poi un giorno di trattative Salvo sorprese stasera il giuramento e lunedì la fiducia alla Camera
ROMA Tutto in un giorno. Dopo le consultazioni con i leader dei partiti, Enrico Letta prova a stringere su lista e programma. Ma il puzzle del governo viene composto e ricomposto più volte e il clima si surriscalda. La vera impasse sembra essere sui grossi calibri, ovvero i big politici dei rispettivi schieramenti. A rimettere in discussione tutto è l’ipotesi di inserire Mario Monti e Massimo D’Alema nel governo. Ma Berlusconi pone il veto e poi subordina il via libera all’ingresso di personaggi “pesanti” del Pdl, come Brunetta, e non esclude (provocatoriamente?) un suo ingresso all’Economia. Monti avverte il pericolo e chiude la partita: «Né leader né senior nell’esecutivo». Poi, Letta e Alfano si vedono per un’ora alla Camera e alla fine il premier incaricato ostenta un cauto ottimismo: «E’ dura, ma sono determinato a chiudere domani (oggi ndr)». L’obiettivo è quello di salire al Quirinale oggi per sciogliere la riserva, presentare a Giorgio Napolitano la lista dei ministri e giurare. Letta potrebbe dedicare tutta la giornata di domenica alla preparazione del discorso da tenere alle Camere. La giornata decisiva per il Parlamento dovrebbe essere lunedì, quando sia la Camera che il Senato dovrebbero votare la fiducia al governo. Tutto è pronto. La conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha rinviato l’esame del Def al 6 maggio e ha anticipato la seduta di lunedì prossimo alle 14 per «comunicazioni del presidente della Camera» . Un passaggio formale che si è reso necessario in vista della formazione del governo. Qualora ci fosse un nuovo esecutivo, la fiducia potrebbe essere votata lo stesso lunedì pomeriggio. Ma tutto è subordinato al definitivo via libera di Berlusconi su programa e squadra di governo. Ieri mattina il Cavaliere era fermo sulla volontà di non rinunciare alla sostanza del programma economico proposto, ma allo stesso tempo è apparso deciso a evitare strappi: la restituzione dell’Imu non è un totem e se il nuovo esecutivo farà propria l’agenda economica del centrodestra «il nome e cognome dei prossimi ministri non è certo un problema. Nessun veto e nessuna richiesta da parte nostra». L’unico “no” ufficiale riguarda il direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni, che Letta avrebbe voluto nel governo come “tecnico”. Poi, nel pomeriggio, durante una burrascosa riunione dei big del Pdl a Palazzo Grazioli, i “falchi” del partito riprendono a volare e anche il Cavaliere si adegua. Risultato: sul tavolo torna la questione dell’opportunità o meno di siglare l’accordo con il Pd per il via libera al governo. La giornata è scandita da continui contatti tra gli ambasciatori dei due partiti. Letta e Berlusconi si sentono al telefono più volte e cercano un punto d’intesa che dovrebbe essere siglato durante un faccia a faccia che viene rinviato di ora in ora. Il braccio di ferro non riguarda solo i punti del programma considerati dirimenti dal Cavaliere, come l’Imu, ma anche e soprattutto la squadra di governo. I “falchi” a cominciare da Renato Brunetta, vorrebbero un posto da ministro. Di certo, per Berlusconi le caselle della Giustizia e dello Sviluppo Economico non sono certo secondarie e i nomi proposti dal premier incaricato non lo convincerebbero. «Al Pdl – insistono a Palazzo Graziole - devono andare ministeri di peso o la trattativa non va in porto». Si farà il governo? Ieri mattina, Letta è salito al Quirinale e per quasi tre ore ha parlato con Napolitano, che gli avrebbe lasciato margine ampio di manovra sui ministri e sulla struttura dell’esecutivo (si starebbe pensando di non creare la figura dei vicepremier). Quel che è certo è che, nel giorno più lungo della trattativa, cambiano assetti che fino a poche ore prima venivano dati come molto probabili. Oggi Letta scioglierà la riserva? L’incognita è Berlusconi, che sta ragionando del governo con un occhio ai sondaggi e con lo spirito di chi è pronto a prendere le distanze un minuto dopo. Per questo ha detto che su Brunetta non si può cedere.
D’Alema, Brunetta, Amato L’ultimo braccio di ferro I veti incrociati complicano la partita. Berlusconi non vuole l’ex segretario Pds Il premier incaricato: no all’ex della Funzione Pubblica. Monti: “senior” fuori ROMA Nelle ultime ore la marcia di Enrico Letta s’inabissa in trattative serrate e riservate con lo stato maggiore del Pdl. E qualcosa s’incaglia, soprattutto per la scelta dei ministri. Berlusconi, appena tornato a Roma da Dallas, chiama i suoi a Palazzo Grazioli e storce subito il naso quando viene a sapere che Napolitano sta spingendo per avere Giuliano Amato ministro dell’Economia e Massimo D’Alema agli Esteri. Ma in particolare non vuole assolutamente D’Alema (mentre sarebbe disposto a ingoiare Amato). Il problema è tale che in serata interviene Mario Monti: «Penso che per rafforzare il vigore del governo Letta sia importante che i leader dei partiti e i senior diano il loro appoggio ma non entrino nel governo». VETI INCROCIATI. Il Quirinale invece li vuole perché chiede uomini di peso internazionale da affiancare a Letta, pressoché sconosciuto sulla scena fuori d’Italia. Il Cavaliere avrebbe obiettato, parlando con Letta al telefono, che a quel punto anche il Pdl vuole uomini suoi importanti nell’esecutivo. Tra cui rispunterebbe il nome di Renato Schifani e soprattutto quello di Renato Brunetta, sul quale il Cavaliere si starebbe impuntando. Lo vuole a tutti i costi all’Economia (in subordine potrebbe anche accettare che faccia il viceministro), ma non gradisce il veto di Letta (e Napolitano). A questo punto tornerebbe in discussione il veto di Berlusconi su Mario Monti (Esteri). Ieri mattina Letta ha avuto un lungo colloquio proprio con il premier in carica. PESI E CONTRAPPESI. La partita si sta dunque giocando sugli equilibri ministeriali tra Pd, Pdl, montiani e tecnici. I ministeri chiave sono considerati Economia, Esteri, Interni e Giustizia. Se Amato e D’Alema vanno ai primi due e Annamaria Cancellieri al terzo, la Giustizia finirebbe al Pdl. Problema non da poco. Ci sono i contrappesi dei viceministri, è vero, ma Berlusconi non può perdere la faccia e non avere nessuno dei quattro dicasteri chiave. Probabile quindi che qualcuno, tra Amato, D’Alema e la Cancellieri, debba sacrificarsi. Il problema comunque rimane aperto e probabilmente è quello decisivo per spianare la strada a Letta. Ci sarebbe una linea di soluzione puramente tecnica. Fabrizio Saccomanni, direttore generale di Bankitalia, all’Economia (ma Berlusconi non lo vuole), Michele Vietti (vicepresidente del Csm) o Paola Severino alla Giustizia, la Cancellieri agli Interni. Con la concessione solo degli Esteri a Giuliano Amato. Ma nel Pd questa ipotesi non piace. MINISTERI DI SPESA. Sono in seconda linea per importanza politica, ma importanti per il pacchetto di denaro pubblico che possono spendere.All’Istruzione dovrebbe andare il montiano Mario Mauro, il pidiellino Maurizio Lupi alla Sanità, e Angelino Alfano alla Difesa. Se queste caselle tengono, al Pd andrebbe il Lavoro (con Stefano Fassina o Sergio Chiamparino). E sempre al Pd finirebbe il delicato dicastero dello Sviluppo (Dario Franceschini). Ma è anche possibile che questo ministero venga spacchettato e una parte (infrastrutture o telecomunicazioni) affidata a un piediellino. Un ministero andrebbe poi al renziano Graziano Delrio, probabilmente quello della Gestione Territoriale. DONNE IN CORSA. Le voci riferiscono di un’impuntatura di Mara Carfagna, che vuole di nuovo il ministero delle pari opportunità, non gradendo la tumultuosa ascesa di Lara Comi (Pdl), molto ben vista da Berlusconi. Comi che comunque dovrebbe avere incarichi, anche come vice o sottosegretaria. Nel Pdl sono tante le giovani che chiedono visibilità ministeriale, come Nunzia De Girolamo e Annamaria Bernini. FACCE NUOVE. Restano molto accreditati volti nuovi per la squadra di Letta. In primis il suo uomo di fiducia, Francesco Boccia, economista, che sarà sottosegretario a Palazzo Chigi,. Poi circola il nome di Maria Chiara Carrozza, rettore della Scuola Sant’Anna di Pisa (in quota Pd), nonché quello della montiana Isabella Borletti Buitoni, candidata ai Beni Culturali.
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