ROMA Quando era commissario al Comune di Bologna dicevano di lei: «Il prefetto di ferro con il guanto di velluto». Civil servant da 40 anni al servizio dello Stato, Annamaria Cancellieri è una persona capace di ascoltare, ma soprattutto di decidere. Il governo Letta le ha riservato uno dei ministeri più delicati, quello di via Arenula, da Guardasigilli. Una nomina assolutamente inattesa. Tanto che proprio lei, pochi minuti dopo l’annuncio ufficiale, commenta: «L’incarico alla Giustizia? Non me l’aspettavo proprio, è una sorpresa, ma anche un grande onore». Anni in polizia, una vita da prefetto, dovrà vedersela con i meccanismi della Giustizia, con le priorità legate al sovraffollamento nelle carceri, al decreto legge sulle intercettazioni, alla riforma dei processi: temi che generano enormi contrasti politici. «Devo valutare con calma - dice - Sono tante le cose da fare. Comunque sono veramente onorata di andare a ricoprire questo delicatissimo incarico e mi impegnerò al massimo per esserne all’altezza».
IL PREFETTO
È solo all’ultimo momento, dopo un lungo pressing berlusconiano, che il nome di Annamaria Cancellieri viene traghettato dalla poltrona di ministro dell’Interno a quella di Guardasigilli. Infatti quando il premier in carica sale al Quirinale con la lista del suo governo, il prefetto è ancora al suo posto, come capo del Viminale. Sostenuta anche da un forte appoggio del presidente della Repubblica che ne riconosce meriti e capacità. Al comando di via Arenula figura il nome di Michele Vietti, vicepresidente del Consiglio superiore della magistatura, ma su di lui pesa il “niet” del Cavaliere che, invece, sembra orientato ad accettare di buon grado Cancellieri alla Giustizia, perché considerata «una nomina di equilibrio». E così per il ministro uscente si sceglie l’altrettanto delicato incarico di Guardasigilli.
La notizia viene accolta dall’interessata con sorpresa, ma anche come una nuova prova di fiducia che le viene accordata. Tanto che ringrazia il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il primo ministro Enrico Letta, oltre all’ex premier Mario Monti che, per primo, l’ha chiamata a rivestire un incarico difficile: unica donna dal 1861, assieme a Rosa Russo Jervolino, a guidare il ministero dell’Interno. «Continuerò a servire lo Stato come ho fatto per tutta la mia carriera, e come ho fatto in questi 16 mesi al Viminale - dichiara - È un'esperienza che mi rimarrà nel cuore».
LA CARRIERA
Deve essere stata una settimana di grandi soddisfazioni, quella appena trascorsa, per il ministro Cancellieri: da capo del Viminale a candidato alla presidenza della Repubblica. In via Arenula prende il posto lasciato da Paola Severino, che dopo aver avviato molte riforme, ha manifestato la volontà di ritornare «ai suoi studenti e alla sua attività da avvocato».
Il neo ministro della Giustizia è laureata in Scienze politiche e si trova davanti un incarico tutt'altro che semplice, in un ministero che sarà uno degli snodi cruciali per il governo delle larghe intese. Nata a Roma nel 1943, madre di due figli e nonna, Cancellieri ha avuto il suo primo incarico nello Stato 41 anni fa quando, nel 1972, fu nominata capo ufficio stampa della Prefettura di Milano.
Nel 2009 va in pensione, ma resta meno di un anno a fare la nonna. A febbraio 2010 il suo predecessore al Viminale, Roberto Maroni, la chiama a guidare, come commissario, il Comune di Bologna, in seguito alle dimissioni del sindaco Delbono, travolto dal Cinzia-gate. C’è poi l’offerta di una candidatura a sindaco in una lista civica in appoggio al centrodestra, ma rifiuta: «Sono indisponibile a essere espressione di qualsiasi schieramento politico nazionale o locale», chiude la partita.
Nel 2011 la chiamata da Monti che voleva quote rosa per il suo governo. E anche su questo aspetto Cancellieri mostra di avere idee molto chiare: «Io l'8 marzo l'abolirei - commenta - La donna non deve sentirsi razza a parte perché siamo molto meglio degli uomini». Al Viminale il ministro dà una forte accelerazione all'aggressione dei patrimoni mafiosi e, prima volta nella storia, scioglie per mafia un comune capoluogo di provincia, Reggio Calabria. Un atto che non è piaciuto al Pdl. Si prepara ad affrontare un enorme carico di lavoro, con la determinazione propria del suo carattere. «È sbagliato pensare - dichiara - che lo Stato sia come una ricotta, permeabile a tutto. Lo Stato ha una spina dorsale forte, che magari non sempre si vede dall’esterno, ma al momento dovuto viene fuori».