Il premier torna a casa dopo aver sciolto la riserva: la mia generazione si gioca tutto« Fuori dalla squadra gli elementi di divisione». Lo zio Gianni: bravo
Non festeggia, il novello premier, l’essere uscito vivo dal Vietnam della trattativa con D’Alema e Berlusconi. Parla dei quarantenni, della rivoluzione generazionale che è riuscito a imporre. E lasciando il Quirinale, precipitandosi («un po’ stanco») nella casa di Testaccio dove ad attenderlo ci sono la moglie Gianna e i tre bambini, al telefono concede poche frasi. Una in ricordo di Beniamino Andreatta, «il mio maestro». Un’altra da Dopoguerra, per celebrare il primo governo capace di sommare forze contrapposte: «Oggi si chiude la guerra dei vent’anni. Ora siamo all’armistizio. La speranza è che scoppi la pace...».
IL MESCOLAMENTO
Già, per la prima volta dalla discesa in campo del Cavaliere sinistra e destra non si mordono. Non si insultano. Provano a governare insieme «per salvare il Paese». Avviene tra Pd e Pdl quel «mescolamento» che venerdì il promesso premier aveva suggerito ai Cinquestelle. E non in modo casuale. Letta, nello stilare la lista dei ministri con l’aiuto di Giorgio Napolitano ha fatto il possibile e l’impossibile per evitare che nella sua squadra entrassero «personalità divisive». Persone che avrebbero scatenato l’ira (e la rissa) delle opposte tifoserie. E’ il caso di Brunetta, ma anche di Fassina.
Arrivato a Testaccio, Letta si gode anche il «primo vero ricambio generazionale della storia repubblicana». Un ricambio utile non solo a dare un’«idea di svecchiamento della politica, indispensabile per ammansire il mostro dell’antipolitica». Ma anche ad allontanare l’aneddotica dell’inciucio, del compromesso basso in nome del potere. «Fuori i capi del ventennio passato, da Berlusconi a D’Alema», esulta uno dei fedelissimi. Un sacrificio (Letta non coltiva rancore verso i vecchi leader) indispensabile anche per rendere meno impervia la vita al nuovo governo. Un Pd già lacerato difficilmente avrebbe retto alla prova del voto di fiducia a un governo con dentro D’Alema, Berlusconi e i vari Cicchitto e Brunetta. Un governo alla Dalemoni. «Sei stato bravo e sei molto maturato», dice al telefono lo zio Gianni (Letta). Ma il premier sa che il quadro è fragile. E spera di strappare qualche ”sì” ai Cinquestelle, almeno nei passaggi più delicati, sui provvedimenti «più significativi e innovativi».
Letta è sobrio nella gioia anche perché «consapevole delle difficoltà». «Il bello e il brutto vengono adesso». C’è un Paese in ginocchio, ci sono miliardi di euro da rastrellare per evitare un nuovo aumento delle tasse e per provare ad avviare la restituzione dell’Imu. Ci sono eserciti di disoccupati, l’economia e i consumi zottozero. «Siamo di fronte a una fase difficilissima, roba da far tremare i polsi. Ma proveremo a far rialzare il Paese», confida e azzarda Letta. E già da mercoledì ha messo a lavoro la squadra dei suoi fedelissimi, da Francesco Boccia a Marco Meloni a Francesco Sanna, con un solo ordine: «Serve un programma d’impatto, punti immediatamente efficaci, praticabili».
LA SPERANZA
Con i suoi fedelissimi Letta al telefono analizza la struttura del governo. Si dice soddisfatto per l’ingresso (allo Sviluppo) di Zanonato. Non uno che passa, ma un bersaniano doc: «La prova della vicinanza di Pier Luigi». E celebra anche l’arrivo (alla Cultura) di Bray direttore della rivista “Italianieuropei”, quella di D’Alema: «Il segno che pur accettando di restare fuori, Massimo non è ostile o estraneo al nostro esecutivo». Altre speranze, Letta, le coltiva con l’ingresso di Bonino e Giovannini (Istat). «Sono bravi e competenti e possono essere utili a favorire il mescolamento con i Cinquestelle».
«UNA VITA NORMALE»
Una volta a casa, Letta comincia a preparare la cena insieme ai figli Giacomo, Lorenzo e Francesco di 8, 6 e 4 anni. L’intenzione (e l’ambizione) è quella di «conservare una vita normale». Con un rammarico: non potrà più dedicare tante ore al ruolo di padre, all’aiuto per i compiti, ai pomeriggi trascorsi ai giardinetti del quartiere. Ma proprio per non rivoluzionare troppo la vita dei tre bambini, Letta non si trasferirà nell’appartamento di palazzo Chigi. Resterà nella sua casa di Testaccio.