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Data: 05/05/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Ultimatum di Berlusconi: la commissione o salta tutto. La crisi delle amazzoni azzurre e pure Santanchè adesso rischia

I sondaggi in calo, l’ostracismo della sinistra sulla Convenzione, il mancato azzeramento dell’Imu.
E poi «l’eccessivaa cagnara» sollevata sulle parole della pur «incauta» Biancofiore. In altri momenti sarebbero bastati meno di quattro motivi a Silvio Berlusconi per rovesciare il tavolo. L’umore del Cavaliere è nero e le parole di Roberto Maroni («se la Convenzione non parte entro giugno meglio il voto»), pronunciate dopo una telefonata ad Arcore, lo riflettono bene. Ovviamente manca nell’altolà del segretario della Lega, qualunque riferimento al ruolo che potrebbe avere il Cavaliere, ma non c’è dubbio che le resistenze interne al Pd sulla composizione della Convenzione e sulle sue finalità, danno ulteriore corda a coloro che nel Pdl non hanno mai condiviso l’appoggio all’attuale governo.
NON MOLLO
Resta il fatto che Berlusconi non ha nessuna intenzione di mollare sulla presidenza della Convenzione e ieri mattina, letta l’intervista di Veltroni sul Corriere, è stato tentato di rilasciare una dichiarazione di fuoco che a stento i suoi più stretti collaboratori sono riusciti ad evitare. L’irritazione dell’ex premier sta tutta nella tentazione che comincia a prendere quota nel Pd di soprassedere alla stessa Convenzione in modo da evitare del tutto il problema di Berlusconi, lasciando magari il compito di metter mano alle riforme istituzionali al ministro Quagliariello e alle commissioni parlamentari. Berlusconi però non ci sta e la flessione nei sondaggi - due punti - che ha subito il Pdl dopo il varo del governo Letta. Il timore di pagare un prezzo troppo alto senza che il governo riesca a fare nè le riforme istituzionali (legge elettorale in testa), nè quelle economiche, spingono il Cavaliere a studiare una sorta di ultimatum da dare al governo. Per ora ha provveduto il governatore leghista della Lombardia, ma non è escluso che Berlusconi possa metterci presto del suo.
PRINCIPIO
La prospettiva di guidare i settantacinque che riscriveranno parte della Costituzione alletta il Cavaliere che è convinto di poter dare tutta la sua esperienza da premier. A questo punto però per il Cavaliere sta diventando «una questione di principio» e lo scambio con le presidenze di altre commissioni non lo prende nemmeno in considerazione. Il «no» di Renzi e Fassina, l’idea di D’Alema di approvare subito la legge elettorale, sono per Berlusconi segnali chiari di «un veto che a sinistra si vorrebbe mettere su di me dopo avermi chiesto in ginocchio i voti per formare un governo». Un riferimento che rischia di coinvolgere anche il Quirinale che da tempo spinge perché i due schieramenti scongelino i rapporti e riscrivano insieme le regole.
IMU
I malumori del Cavaliere non si fermano però qui e coinvolgono anche i passi che il governo sta facendo sul fronte economico. Berlusconi avrebbe voluto che il primo atto del governo fosse la cancellazione dell’Imu e non ha certo gradito che nel prossimo decreto si parli solo di sospensione in attesa di una rimodulazione dell’imposta che richiederà ancora molte settimane. «Nel frattempo però le nostre percentuali scendono e il Pd ha già messo in pista Renzi», chiosa preoccupato un ex ministro.

La crisi delle amazzoni azzurre e pure Santanchè adesso rischia

ROMA Abbattuta? Per niente. Scontenta? Macchè. «Ad maiora!»: ecco il grido di battaglia di Michaela Biancofiore, la più amazzone delle amazzoni, quella che si autodefinisce «una kamikaze imbottita di tritolo berlusconiano puro», subito sloggiata dalle Pari opportunità ma che considera una promozione essere destinata ad occuparsi della pubblica amministrazione. Ieri, tutta contenta, tra una telefonata e l’altra, Biancofiore passeggiava con il suo cagnolino adoratissimo, lo stesso a cui tentò di fare cantare in diretta alla radio «Menomalechesilvio c’è». «Caro, vai a fare la pipì sul prato», dice Michaela al cagnolino nel pieno della bufera politica che impazza e che la riguarda.
FELICI & SCONTENTI
E pensare che, in un misto di euforia da risultato raggiunto (Michaela è comunque sottosegretario e tante altre no) e di insostenibile leggerezza che ha provocato lo scivolone, mentre Biancofiore vuole andare avanti come una «bionda caterpillar» (copyright Silvio) continua la scia della delusione dentro il Pdl e dentro la parte femminile del Pdl per le nomine di governo. Che hanno diviso il partito tra sommersi e salvati e nel quale spicca un’evidenza che forse, ma forse anche no, verrà compensata dalla distribuzione delle prossime poltrone. Ossia il fatto che le ex ministre (Carfagna, Gelmini, Bernini) in questa tornata non hanno ottenuto niente e naturalmente regna l’insoddisfazione. Anche perchè dovrebbero essere solo due e per di più maschi (Paolo Romani e Francesco Nitto Palma) gli ex ministri in via di risarcimento con le presidenze sostanziose delle commissioni parlamentari. E poi - un passetto più indietro delle beneficiate come la Biancofiore-caterpillar, Iole Santelli e Simona Vicari - ci sono le semi-salvate. Una su tutte, anzi una soltanto: Daniela Santanchè. Sarà il futuro vice-presidente della Camera, come ha promesso il Cavaliere? Probabilmente, sì. Ma la votazione, a scrutinio segreto, per mandarla al posto di Maurizio Lupi, diventato ministro delle Infrastrutture, nel partitone non viene data per pacifica, nonostante Daniela sia una politica capace e apprezzata tra gli azzurri.
I NUMERI
La situazione aritmetica è questa: i voti del Pdl sono 97, con l’aggiunta di quelli della Lega si arriva a 124. Non sono sufficienti per eleggere Santanchè e per di più bisogna prevedere anche un po’ (c’è chi dice 30, esagerando) di franchi tiratori. Dunque, o l’accordo con il Pd per Daniele vice a Montecitorio è super-blindatissimo oppure si rischia e per Berlusconi sarebbe uno smacco non essere riuscito a ricompensare una delle sue più fedeli e meritevoli donne forti. Dunque Verdini sta lavorando con particolare dedizione all’operazione Daniela. Si vedrà come andrà.
Intanto, nel partito azzurro, il partito molto rosa della delusione da mancate nomine parla così: «Berlusconi, pur di venire considerato uno statista e di farsi nominare da Napolitano senatore a vita, in accoppiata con Prodi, cerca di fare dimenticare il berlusconismo». Sacrificando nella squadra di governo gli ex ministri e ministre, cioè i berlusconiani meno urlanti e più sostanziali. I quali, a questo punto, potrebbero essere quelli che tifano per la durata breve dell’esecutivo Letta-Alfano.

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