ROMA La recessione finirà solo nel 2014. E purtroppo molti dei danni che sta causando su produttività e occupazione sono quasi irreparabili. Ancora qualche mese e la lunga crisi sarà finalmente alle spalle ma l’Italia, dopo, non sarà più la stessa. E’ una specie di mutazione genetica economica e sociale quella prefigurata per il Paese da Prometeia nella proiezione sui prossimi decenni stilata dall'istituto di ricerca e analisi. Un cambiamento che è il frutto di un deterioramento che parte da lontano. Negli ultimi 6 anni, e cioè dall'immediata vigilia della crisi ad oggi, il tasso di disoccupazione in Italia è infatti praticamente raddoppiato. Nel 2007, quando si raggiunse il picco sui mercati finanziari prima dello scoppio del pandemonio con i mutui subprime e dell'avvio della recessione, il tasso di senza lavoro nel Belpaese si aggirava sul 6%, mentre nel 2013 siamo vicini al 12% e secondo le stime realizzate nei giorni scorsi dalla Commissione europea l'anno prossimo supereremo questa soglia. Arrivando fino a quota 12,2%.
LE CIFRE
Secondo lo studio di Prometeia, all'Italia servirà arrivare almeno fino al 2020 prima di tornare a un livello di disoccupazione del 9%, vale a dire lo stesso che si registrava alla fine del 2011. Per dare un’idea del ritardo nel quale è impantanato il Paese, gli Stati Uniti hanno appena festeggiato la discesa al 7,5% di senza lavoro. Secondo il dipartimento del lavoro americano di Washington ad aprile sono stati creati 165 mila posti di lavoro (contro attese per 148 mila) e il tasso di disoccupazione è il più basso dal dicembre 2008. Grigie le aspettative anche a livello generale. Nel suo rapporto «Uno sguardo al 2020» Prometeia stima che il livello del Pil alla fine di quell'anno sarà ancora inferiore ai valori pre-crisi (fine anni '90) di circa il 2%. Secondo l'istituto, tra il 2015 e il 2020 il tasso di crescita medio si collocherà stabilmente in territorio positivo (+1,1%) ma in linea con il 2000-2005. Sarà necessario raggiungere la seconda parte del prossimo anno per vedere la recessione alle spalle. Tuttavia non basteranno 14 anni per recuperare i livelli di crescita perduti: il doppio di quanto, negli anni novanta, impiegò la Finlandia, più del triplo di quanto ci mise la Svezia. Strettamente legati all'impossibilità di crescere a ritmi elevati e alla tensione del mondo del lavoro ci saranno dei cambiamenti strutturali del tessuto produttivo: l'industria, a causa della recessione «ridurrà in modo permanente l'occupazione a favore di un incremento di produttività». E, di conseguenza, «l'input di lavoro complessivo non recupererà i livelli pre-crisi», proprio soprattutto a causa del settore industriale. Prometeia osserva che si tratterà di «un sacrificio occupazionale che consentirà però alla produttività media, se non proprio di cancellare 15 anni di stagnazione, quantomeno di invertire la rotta». Per le imprese le aspettative sul credito si manterranno comunque modeste. La domanda di finanziamenti dovrebbe - sulla base della previsione a medio termine - mantenersi stabilmente poco al di sopra dei 60 miliardi di euro l'anno nel quinquennio 2016-2020. Quanto al credito bancario si stima possa «soddisfare circa il 40% di questa domanda contro un valore di oltre il 70% nel 2008», mentre la parte rimanente dovrà essere soddisfatta attraverso il ricorso ad altri strumenti di finanziamento, obbligazioni ed azioni.