Sul caso processi si riaccende lo scontro. Si allontanano pacificazione e riforme. Il Cavaliere: se non passa il nostro uomo rimettiamo tutto quanto in discussione
IL RETROSCENA
ROMA «Possiamo reggere un accordo sull’Imu o sull’Iva con il Pdl, ma non sulla giustizia». Il viceministro allarga le braccia e spiega così il doppio schiaffo rifilato ieri pomeriggio a Nitto Palma bocciato due volte in Senato nel voto per la presidenza della Commissione Giustizia. Un «no» compatto quello dei senatori Democratici per evitare il quale non è stata sufficiente la riunione mattutina con il capogruppo. Luigi Zanda ci riproverà stamattina cercando di rimettere ordine in un gruppo di senatori che non ha nessuna intenzione di votare colui che «più di Berlusconi ha difeso Nicola Cosentino». Rosaria Capacchione, senatrice campana del Pd, non sente ragioni: «Voterei Berlusconi, piuttosto, ma lui no. Altrimenti a Napoli non potrei più metter piede». Storie personali e politiche si intrecciano nella commissione Giustizia di Palazzo Madama dove siede per il Pdl Niccolò Ghedini, l’avvocato del Cavaliere, e l’ex pm di Venezia Felice Casson. Il rischio è però che si ripeta ancora una volta il mortale intreccio tra questioni politiche e questioni giudiziarie che renderebbe complicatissima la vita del governo.
STATISTA
A differenza di quanto accaduto in altre occasioni, stavolta il Pdl non è partito lancia in resta e Berlusconi continua a tenere il low profile tenuto il giorno prima in occasione della sentenza della Cassazione che ha respinto l’istanza di ricusazione dei giudici di Milano che a giorni pronunceranno la sentenza sulla questione dei diritti televisivi. Nel gioco di nervi interno alla ”strana” maggioranza, il Cavaliere è quello che mostra di averne di più saldi. D’altra parte in questo momento tutto sarebbe possibile tranne che rovesciare il tavolo per nuove elezioni. E non solo perché l’ipotesi non sarebbe praticabile prima dell’estate, ma anche per evitare che il Pd ritrovi ancora una volta compattezza indicando il solito nemico comune. Meglio aspettare, lasciare che il Pd «bollisca» Renzi, e accontentarsi che oggi pomeriggio Nitta Palma venga eletto al quarto scrutinio. Magari con i soli voti del Pdl, visto che anche Scelta Civica è pronta a votare scheda bianca qualora il Pd si defili dall’intesa. Resta il fatto che in privato e nelle telefonate intercorse ieri pomeriggio anche con Nitto Palma, Berlusconi abbia esternato tutta la sua furia: «Se domani non passa, salta tutto e cade il governo». Nessun passo indietro sul nome di Nitto Palma, tantomeno nessuno spazio a candidature alternative come quella di Luigi Manconi, senatore del Pd e noto garantista. Il problema per il Cavaliere «è politico» e «se non riescono a gestire i propri parlamentari non sono certo problemi miei». Il doppio «no» incassato da Nitto Palma ha dato nuova linfa alla pattuglia dei fedelissimi del Cavaliere che da giorni masticano amaro per le esclusioni subite anche al momento della formazione della squadra di governo «mentre il Pd non ha fatto problemi su Formigoni». A farne le spese potrebbe essere anche Daniela Santanchè che aspira a prendere il posto di Lupi alla vicepresidenza della Camera. «Se c’è un accordo politico va rispettato». Dario Franceschini, ministro per i Rapporti con il Parlamento, è colui che in queste ore sta cercando di convincere i senatori, ma al governo di pacificazione credono in pochi nel Pd e le insidie crescono.
RESPONSABILI
Malgrado il tentativo di Enrico Letta di tenere distinta l’attività di governo da quella del Parlamento. «Noi siamo una forza responsabile e abbiamo mantenuto tutti i patti», spiega l’ex ministro del Pdl Paolo Romani che, per evitare uno scontro sul suo nome alla presidenza della commissione Tlc, si è ritirato favorendo Altero Matteoli. Il sospetto che con i voti di ieri e di oggi si voglia comunque dare un segnale al partito dei giudici che presto si occuperanno di nuovo del Cavaliere, è fortissimo. Se il governo di pacificazione è a rischio e potrebbe non reggere sulle gambe di Enrico Letta, Alfano e della De Girolamo, è forse ovvio che ieri mattina Gianni Letta, plenipotenziario del Cavaliere, per scambiare più di una riflessione con il Capo dello Stato, abbia colto l’occasione della visita alla camera ardente allestita per Giulio Andreotti. Una decina di minuti sul pianerottolo d’ingresso potrebbero essere stati sufficienti a raccontare che la pazienza dell’ex presidente del Consiglio non è eterna. Al punto che in serata è toccato al premier salire sino al Colle per incontrare Napolitano. Anche perché tra qualche settimana arriveranno le insidiose sentenze dei processi diritti tv e Ruby.