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Data: 08/05/2013
Testata giornalistica: Il Centro
Rifiuti, chiesto il processo per Venturoni e Di Stefano

I pm sollecitano il rinvio a giudizio anche per gli imprenditori Di Zio L’accusa: corruzione dietro l’impianto di bioessiccazione a Teramo

PESCARA E’ arrivato al giro di boa il processo madre sui rifiuti che, a quasi due anni di distanza dalla prima udienza preliminare, sta per definirsi: i pm hanno chiesto il rinvio a giudizio per l’onorevole Fabrizio Di Stefano, per l’ex assessore regionale alla sanità Lanfranco Venturoni, per gli imprenditori Rodolfo Valentino ed Ettore Ferdinando Di Zio, un altro imputato e la società Deco degli imprenditori Di Zio. La decisione sull’eventuale rinvio a giudizio è stata fissata al 21 maggio. E’ questa una delle due inchieste – accanto a quella che ruota attorno all’Ecoemme – in cui i pm Anna Rita Mantini e Gennaro Varone hanno visto del marcio nella gestione dei rifiuti e che il 22 dicembre 2010 costò gli arresti a Rodolfo Di Zio e gli arresti ai domiciliari a Venturoni tornati poi in libertà nello stesso giorno, il 27 dicembre. Le indagini della Squadra Mobile sono partite nel 2008 focalizzando l’attenzione su un impianto di bioessiccazione di rifiuti in località Carapollo in provincia di Teramo. Come scrisse il gip nell’ordinanza di custodia cautelare «nella gestione dei rifiuti si era creata una strettissima comunione di intenti tra privato e pubblico ufficiale il cui scopo era l’attribuzione ai Di Zio di commesse pubbliche eludendo le norme». Gli indagati erano complessivamente 12 tra cui anche l’allora senatore del Pdl e oggi deputato Paolo Tancredi ma dopo la richiesta di rinvio a giudizio il processo si è ramificato per competenza lasciando a Pescara le posizioni maggiori, come quella di Di Stefano e dei Di Zio, e spostando il giudizio su Tancredi prima a Teramo e poi a Roma. Così, la richiesta di processo di ieri di fronte al giudice per l’udienza preliminare Luca De Ninis è stata chiesta per cinque persone tra cui anche Vittorio Cardarella, l’ex amministratore delegato della società Team, la società a partecipazione pubblica per le gestione dei rifiuti a Teramo. I cinque imputati devono rispondere, a vario titolo, di peculato, corruzione, abuso d’ufficio e turbativa d’asta. «Un progetto lucrosissimo», «un sistema di potere in cui contavano solo i soldi e non l’interesse pubblico»: è così che l’accusa descrisse lo scandalo dei rifiuti accusando Venturoni, all’epoca presidente del cda della Team, i due Di Zio e Cardarella di peculato perché i quattro avrebbero «messo in atto un piano di svuotamento delle funzioni della Team per favorire la Deco dei fratelli Di Zio con lo scopo di far ottenere all’impresa privata l’affidamento dell’appalto per la costruzione e la gestione dell’impianto di Teramo senza una gara d’appalto». Ma per i pm ci sarebbe stata anche la corruzione, reato di cui devono rispondere Venturoni – oggi capogruppo del Pdl in Regione – i due fratelli Di Zio e l’onorevole Di Stefano. In particolare, secondo l’accusa, Di Stefano avrebbe chiesto a Rodolfo Di Zio 20 mila euro da versare al candidato al parlamento europeo Crescenzio Rivellini (estraneo all’inchiesta, ndr) che, a sua volta, avrebbe girato 5 mila euro a Di Stefano sottoforma di assegno. Un’altra data del processo che ruota attorno ai rifiuti è stata fissata al 14 maggio quando a prendere la parola saranno le difese tra cui l’avvocato Massimo Cirulli che assiste Di Stefano. Poi, la decisione sul rinvio a giudizio da parte del gup De Ninis arriverà il 21 maggio.

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