L’AQUILA Quasi una sfida tra il prefetto Francesco Alecci e Massimo Cialente. Il sindaco rischia di essere sospeso dalle sue funzioni e, in un clima da rivolta, ipotizza la sollevazione popolare se ciò dovesse accadere. Cialente è stato diffidato per aver fatto rimuovere le bandiere da uffici e scuole (alcuni dirigenti scolastici si sarebbero opposti) e per la restituzione al Quirinale della fascia tricolore in quanto la condotta determinerebbe «potenziali turbative all’ordine e alla sicurezza pubblica» e il prestigio dello Stato potrebbe «essere leso da tali manifestazioni di dissenso». Il prefetto diffida il sindaco a ripristinare «senza indugio» la bandiera nazionale all’esterno degli uffici comunali e delle scuole. Decreta, infine, che «l’eventuale persistenza della condotta posta in essere dal primo cittadino potrà costituire oggetto di valutazione per l’adozione del provvedimento di sospensione dalle sue funzioni». «Sono orgoglioso di essere cacciato», replica Cialente in una lunga lettera alle massime autorità dello Stato.
«Respingo la diffida - prosegue - per cui mi aspetto che il Governo Italiano si assuma la responsabilità di rimuovermi da sindaco, oggi stesso o domani al massimo. Come si fa per i sindaci mafiosi». Cialente ricorda che «la bandiera non si onora solo in modo formale. I bambini non si turbano perché non vedono il tricolore! Sono turbati perché vivono in case di fortuna o perché vanno a scuola in moduli prefabbricati di latta. Invece arrivano la diffida e la minaccia di cacciarmi. Come un sindaco mafioso. Il Consiglio comunale dell’Aquila viene sciolto come i comuni mafiosi. Sarà il primo sindaco non mafioso rimosso. Mi aspettavo una lettera di scuse, invece mi si caccia! Nel riconfermare che assolutamente non intendo retrocedere da quanto da me deciso, insieme alla Giunta comunale, sino a quando lo Stato non darà risposte al cratere, confermo al presidente del Consiglio e al ministro degli Interni di aspettare nella giornata odierna o al massimo di domani la mia rimozione da sindaco». Numerosi gli attestati di solidarietà da cittadini comuni, su Facebook, ai consiglieri provinciali e al segretario cittadino del Pd, in due note distinte («Siamo con il sindaco, vada avanti»), a Giovanni Lolli: «L’atto compiuto dalla prefettura mi lascia costernato. Minacciare il sindaco di rimozione, procedura che si applica ai sindaci e ai Comuni collusi con la mafia, è semplicemente inaudito. Mi auguro che il provvedimento venga ritirato». La senatrice Stefania Pezzopane ha annunciato una interrogazione urgente a Letta e Alfano: «Rimuovere le cause della protesta e non minacciare nessuno perché Cialente sta difendendo la sua città». Il sindaco è stato convocato a Roma dal presidente del Consiglio dei ministri Enrico Letta e sarà ricevuto questa mattina dai sottosegretari Filippo Bubbico e Giovanni Legnini: «L’incontro è stato organizzato per chiarire e risolvere la situazione». «È un maestro Cialente nello spostare l’attenzione dai problemi veri» è, invece, il commento del presidente della Giunta regionale, Gianni Chiodi.
IL CENTRO STORICO
Prima dell’emissione del decreto il prefetto aveva avuto ancora una divergenza con il primo cittadino. «Il centro storico va chiuso perché non è sicuro» aveva detto durante una visita in Municipio. «Io gli ho detto che non chiuderò - svela Cialente -. Se dovessi blindare il centro dopo quattro anni dal sisma, la gente verrebbe a prendermi, non con le carriole, ma con i forconi perché recepirebbe questa mossa come un segnale negativo sulla ricostruzione. La vera sicurezza potrà essere garantita solo dalla rapida apertura dei cantieri nel cuore storico della città».