I colloqui radio rivelano una possibile avaria. Il pilota: «Non ho la macchina»
ROMA Genova è ferita al cuore. In una notte serena e senza vento la morte arriva dall’acqua con il rumore improvviso e violento di un tuono, seminando distruzione e dolore nel porto, il luogo simbolo della città. Sette morti, due dispersi e quattro feriti sono il bilancio della tragedia che porta il nome della portacontainer Jolly Nero, un gigante del mare di 40mila tonnellate della compagnia “Ignazio Messina”. Poco dopo le 23 di martedì la nave si schianta con i suoi 240 metri di lunghezza contro il molo Giano, provocando il crollo della torre piloti, un edificio di cemento, acciaio e vetro alto 50 metri, e di due palazzine della Capitaneria, che nel crollo trascinano al suolo e in mare 13 uomini, vite e speranze. Quattro militari della Guardia costiera, due operatori radio, un pilota spariscono inghiottiti dalle macerie, dall’acqua. È il momento del cambio turno, tre di loro restano intrappolati nell’ascensore. Con il passare delle ore, mentre i sommozzatori cercano in mare i due uomini che ancora mancano all’appello, il sergente Gianni Jacoviello, 33 anni di La Spezia, e il maresciallo Francesco Cetrola, 38 anni, di Salerno, prende corpo l’ipotesi che a causare l’incidente sia stata un’avaria ai motori della nave, che stava manovrando per uscire dal bacino, diretta a Napoli. «Non c’è più acqua, che fate?» grida al pilota via radio il comandante del rimorchiatore Spagna, che a poppa traina il cargo mentre questo si muove all’indietro per poi ruotare e invertire la marcia. A prua un altro rimorchiatore, il Genoa, segue agganciato l’operazione. «Non ho macchina» risponde concitato il pilota. In quel momento, raccontano i testimoni, mancano cento metri all’impatto: uno spazio troppo ristretto perché i rimorchiatori possano fermare il moto indietro di una nave delle dimensioni della Jolly Nero, che procede, secondo le regole, a una velocità di 3,5 nodi. Il comandante dello Spagna cerca di aumentare la rotazione per modificare la rotta, ma l’urto è ormai inevitabile e il comandante ordina al suo pilota di defilarsi, per evitare di restare schiacciato tra il cargo e la torre. È in questo momento, probabilmente, che il cavo di traino si spezza. «Non ho una spiegazione logica – si dispera il presidente dell’Autorità portuale Luigi Merlo. C’erano condizioni ottimali di mare calmo, perfetta visibilità e assenza di vento. Ma una nave di quelle dimensioni non deve essere lì». Il presidente del Consiglio Enrico Letta, che in serata si ritrova sgomento prima di fronte ai feriti, poi di fronte alle macerie, parla di «una immane tragedia». La procura di Genova iscrive nel registro degli indagati con l’ipotesi di omicidio colposo plurimo due persone: il comandante della nave, Roberto Paoloni, 63 anni, e il pilota del porto che era al timone della Jolly nero, Antonio Anfossi, 50 anni, entrambi di Genova, entrambi di grande esperienza. Non è escluso che altri vengano coinvolti, spiega il procuratore capo Michele Di Lecce, che sta esaminando anche la possibilità di procedere per attentato alla sicurezza dei trasporti. La nave è sotto sequestro: il contenuto della scatola nera sarà esaminato nelle prossime ore. Paoloni, ascoltato nella notte, si avvale della facoltà di non rispondere: «Presenteremo istanza affinché vengano effettuati accertamenti irripetibili» annuncia l'avvocato Romano Raimondo, «per il momento manteniamo il più assoluto riserbo». Parla, invece, il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, che rientra a Roma dopo aver visitato i luoghi della tragedia e annuncia una inchiesta tecnica del ministero. «Non siamo in grado di definire le cause – dichiara in aula alla Camera e al Senato – tra le ipotesi ci sono un’avaria al sistema di propulsione, eventuali problemi ai cavi di trazione dei rimorchiatori, difetti di accosto o velocità di manovra». Nel 2012, spiega, il porto di Genova ha movimentato 6.600 navi con circa 14mila operazioni di manovra: «Nel 2008 sono stati attivati investimenti per circa 500 milioni di euro, e da quella data non si sono mai più verificati incidenti». Quanto alla responsabilità, chiarisce, «il servizio di pilotaggio di navi come la Jolly Nero è obbligatorio, anche se il pilota assume il ruolo e la responsabilità di consulente tecnico della manovra, della quale è comunque responsabile il comandante della nave». Stefano Messina, armatore della nave, si dichiara a disposizione delle autorità: «Siamo sconvolti, è una cosa mai successa» dice. Distrutto l’ammiraglio Felicio Angrisano, nel giorno in cui conclude il comando delle Capitanerie di porto liguri per assumere il comando generale: «Ho chiesto al ministro di farmi restare qui». Il presidente Giorgio Napolitano esprime il cordoglio di tutto il Paese, il sindaco Marco Doria proclama il lutto cittadino, mentre i giocatori di Samp e Genoa ieri sera sono scesi in campo con la fascia nera al braccio. Per i lavoratori portuali è l’ora più buia: oggi si fermeranno, per ricordare compagni e amici che hanno perso la vita