PESCARA «Potrei citare i dati, il Pil in picchiata, la disoccupazione alle stelle, l’allarme Cresa sulle mille imprese chiuse nel primo trimestre 2013. La racconto invece con un dato di esperienza: nei miei dieci anni di pendolarismo quotidiano Sulmona-Pescara ho visto, fabbrica dopo fabbrica, appassire inesorabilmente la Valle Peligna e la Valpescara, due zone che hanno rappresentato il cuore dell’Abruzzo industriale. Di fronte a questo scenario non esistono bacchette magiche, la tendenza si potrà invertire soltanto nel medio periodo, dunque partire subito è decisivo: è questa secondo me la vera urgenza della regione». Roberto Marinucci è il direttore generale di Fater, colosso dei pannolini, prima industria di Pescara nata dal matrimonio tra il gruppo Angelini e la multinazionale americana Procter&Gamble. Mille dipendenti diretti e un indotto di 2500, solido controcanto manifatturiero all’anima terziaria dell’economia cittadina.
Partire subito: quanto temo abbiamo perso, e perché?
«Viviamo in un paese immobile. Purtroppo nel mondo di oggi non basta saper fare, bisogna fare prima e meglio degli altri. Il nostro gap competitivo è destinato ad aumentare se non si colmerà le distanze in materia di infrastrutture, incentivi, celerità della burocrazia. L’Abruzzo aggiunge a questi problemi di fondo quattro criticità: ambiente e sviluppo, facilità degli investimenti, infrastrutture, capitale umano».
Cominciamo dal nodo ambientale, di strettissima attualità.
«Un esempio di approccio sbagliato ad un problema vero è il piano aria del 2007, corretto negli obiettivi, ma sbilanciato nei pesi del risanamento, che sono tutti a carico dell’industria. In Val Pescara, l’area di insediamento di Fater, non possono nascere nuovi punti di emissione se non in sostituzione a punti dismessi.
L’errore è ignorare che l’88 per cento dell’anidride carbonica e il 64 per cento del Pm10 vengono prodotti dal traffico».
Andiamo avanti: investimenti e infrastrutture.
«La stretta creditizia potrebbe essere compensata, in Abruzzo, dalla capacità di autofinanziamento delle aziende maggiori. Ma restano zavorre pesantissime: il deperimento del sistema ferroviario, la limitata operatività dell’aeroporto. Come si può frenare la fuga dei centri di ricerca, un motore di sviluppo importantissimo, se un viaggio Pescara-Roma comporta ancora quattro ore di treno. A questa considerazione si lega la criticità relativa al capitale umano: per mantenere in regione i nostri cervelli occorre abbinare, ad un buon sistema scolastico e universitario, forme di collaborazione con il sistema delle eccellenze industriali. L’esempio è l’Emilia Romagna, che ha saputo confezionare corsi di ingegneria meccanica su misura per le esigenze delle aziende del territorio».
Quattro anni dopo il terremoto L’Aquila è ancora una ferita aperta e il famoso cantiere più grande d’Europa resta un’ipotesi. Perché?
«Molto s’è detto del volano economico del post terremoto; personalmente preferisco ricordare l’enorme debito umano che tutti noi abbiamo nei confronti dell’Aquila e del suo territorio. Ricostruire non è soltanto fare case, ma saper vedere cosa c’è dietro l’angolo, che futuro si può immaginare per la città che rinasce. Fater ha assunto e continuerà ad assumere ingegneri laureati all’Aquila, subito dopo il 6 aprile del 2009 abbiamo addirittura ospitato sessioni di esami in azienda».
In queste condizioni c’è da chiedersi quanto potranno resistere le grandi aziende, senza pensare a delocalizzare.
«Stiamo resistendo con le unghie e con i denti, mi creda. Per tenere, e mantenere l’insediamento in Abruzzo, le aziende main non hanno alternativa alla crescita. Le difficoltà arrivano dalla competitività, dall’attratività del territorio, dal costo dell’energia, che da noi è più alto della Germania. Non c’è un minuto da perdere».
Industria e green economy: perché c’è incompatibilità?
«Io penso di no. Per una realtà come Fater sono importanti tanto il risultato economico, quanto il valore sociale della sostenibilità. Fuori dal circuito aziende sostenibili-consumatori informati non c’è spazio. Fare la cosa giusta è ormai un imperativo: abbiamo ridotto i consumi energetici, mettiamo in strada meno camion che in passato e ora siamo pronti alla fase tre, un progetto sperimentale di riciclo dei pannolini usati. L’ambiente non è più un ostacolo, è diventato il must».