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Data: 10/05/2013
Testata giornalistica: Il Centro
Scontro con i giudici il Pdl torna in piazza. Domani a Brescia comizio di Berlusconi: «Mi vogliono eliminare» Compravendita dei senatori, la procura di Napoli chiede il processo

ROMA Contrordine. Dopo una notte passata quasi in bianco, che non è servita a smaltire la rabbia per la condanna in secondo grado del processo Mediaset, Silvio Berlusconi mette nel conto anche il rinvio a giudizio chiesto ieri dalla procura di Napoli nell’ambito dell’inchiesta sulla compravendita dei senatori e rompe la tregua che si era imposto dopo la nascita del governo delle larghe intese. Risultato: la sobria manifestazione che si sarebbe dovuta tenere domani a Brescia, senza comizio in piazza ma con una conferenza stampa, si trasforma in una nuova chiamata alle armi contro i soliti magistrati «politicizzati». «Il Popolo della Libertà scende in piazza in difesa di Silvio Berlusconi» recita una stringata nota del partito in cui si precisa che alla manifestazione parteciperà il Cavaliere. E si può essere certi che, davanti al suo popolo, Berlusconi non rinuncerà a raccontare le sue verità e attaccherà i giudici che hanno osato metterlo sotto processo. «I magistrati politicizzati sono accecati da un odio pregiudiziale. Mi vorrebbero interdetto e politicamente morto ma noi resisteremo per deludere le loro aspettative e fare il bene del nostro paese» avverte Berlusconi. L’offensiva, insomma, è appena cominciata. La macchina organizzativa del partito sarebbe già in moto per un’altra iniziativa anti-pm lunedì prossimo, quando a Milano riprenderà il processo Ruby che vede imputato il Cavaliere per concussione e prostituzione minorile. I “falchi” vorrebbero protestare davanti al tribunale ma la decisione non sarebbe ancora stata presa. Il livello dell’offensiva sembra comunque destinato a crescere anche se Berlusconi prova a tenere in piedi il suo doppio ruolo, di lotta e di governo. E, anche se continua a ripetere che non ha nessuna intenzione di buttare giù il governo, è probabile che le sue parole contro i giudici provocheranno la rivolta Pd, che per ora evita qualunque tipo di commento. La tregua è destinata a durare poco? «A Brescia dirò che resto in campo e parlerò delle riforme di cui l’Italia ha bisogno. Parleremo anche di riforma della giustizia» spiega Berlusconi, che va a testa bassa contro i giudici ma promette lealtà a Letta: «Non saremo noi a mettere in crisi questo governo e una collaborazione che pochi pensavano fosse possibile realizzare, un tentativo storico di portata superiore a quella del governo Andreotti». Il Cavaliere non rinuncia a definire una «provocazione» la condanna a 4 anni di carcere (processo Mediaset) e poi sposta il tiro su Napoli, dove la procura che indaga sulla presunta compravendita di senatori ha chiesto il suo rinvio a giudizio (tra il 2006 e il 2008 l’ex premier avrebbe versato 3 milioni di euro a Sergio De Gregorio per convincerlo a cambiare schieramento. Il governo Prodi cadde per un pugno di voti). «La sentenza sui diritti Tv è davvero una provocazione preparata dalla parte politicizzata della magistratura che da vent’anni cerca di eliminarmi come principale avversario della sinistra e il rinvio a giudizio di Napoli fa parte di questo uso politico della giustizia» attacca Berlusconi. De Gregorio fu “comprato” dal Cavaliere? A scagionare l’ex premier ci prova il mite Sandro Bondi: «Tutte le responsabilità dell’opera di convincimento politico che abbiamo esercitato si devono ricondurre alla mia responsabilità di coordinatore di Forza Italia e successivamente del Pdl». Contro le parole del Cavaliere interviene l’Anm, che definisce «violente e offensive» le espressioni usate dagli esponenti del Pdl e denuncia una «pericolosa opera di delegittimazione» della magistratura. Per il momento, il Pd morde il freno. Gli unici a parlare sono Massimo D’Alema e Matteo Renzi, che non entrano nel merito dei processi ma invitano gli esponenti del Pdl a tacere. «Non si fanno manifestazioni contro le sentenze» dice l’ex presidente del Copasir. «Le sentenze non si commentano, si rispettano» aggiunge il sindaco di Firenze.


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