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Pescara, 18/12/2025
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Data: 12/05/2013
Testata giornalistica: Il Tempo d'Abruzzo
Arriva un treno carico di rimpianti. Città tagliata fuori dalla corsa verso la modernità e da tutte le linee importanti

Il pennacchio di fumo e lo sferragliare sui binari oggi come il 12 maggio di 150 anni fa, quando da Ancona arrivò a Pescara il treno a vapore. Un segnale di unificazione materiale per la giovanissima Italia che c’era ma non era ancora tale, negli Abruzzi funestati dal brigantaggio e da una feroce repressione che anticipava sanguinose tematiche novecentesche. A mezzogiorno lo sbuffo di vapore e il fischio parlano di un passato che fatica a diventare futuro, perché la modernissima stazione sovradimensionata rispecchia una pagina di storia ma non fa rilucere incoraggianti segnali in avanti. I 150 anni sembrano essere passati invano, se si guardano le tabelle di marcia tra Pescara e Roma rimaste pressoché immutate nonostante i formidabili progressi tecnologici, e gli ultimi anni hanno addirittura rallentato, fino a bloccarle, le lancette del tempo. Pescara che deve alla ferrovia la sua nascita e la sua rinascita, sembra oggi un corpo estraneo nella corsa verso la modernità. Furono le ferrovie a darle un’impronta, addirittura con incentivi ante litteram a chi accettava di trasferirisi nel borgo desolato, sotto forma di villette praticamente regalate: sono quelle della zona di sant’Antonio, uguali nonostante gli interventi di ristrutturazione che le hanno personalizzate. E quel tessuto urbano attorno a uno snodo cruciale nord-sud ed est-ovest pagò per contrappasso la sua strategicità nell’agosto e nel settembre 1943, quando venne martoriata dal cielo dai quadrimotori americani. Eppure da quelle distruzioni e da quelle migliaia di vittime, mai esattamente censite, sarebbe ripartita la «città della fuga in avanti» di Pomilio, quella che non aveva il tempo di guardarsi alle spalle e che faceva da locomotiva all’intero Abruzzo, portandoselo a rimorchio. La città è ora scolorita rispetto agli anni ruggenti,con troppe vetrine spente e saracinesche abbassate, e una vocazione commerciale in declino. Oggi si festeggia il 150° della ferrovia adriatica, ma le bollicine del brindisi sono poche perché il declassamento della stazione è stato progressivo e incalzante. Ancora una volta la classe politica si è dimostrata inadeguata e, stando ai risultati, incapace di lungimiranza. I treni veloci non abitano qui. Pescara è tagliata fuori dai Palazzi che contano e dai corridoi su rotaia che contano. I vetri a specchio della stazione riflettono molto più di chi non ha evitato questa deriva e questo epilogo. Progresso e sviluppo non vanno sempre appaiati come i binari.

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