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Pescara, 18/12/2025
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Data: 12/05/2013
Testata giornalistica: Il Tempo
Trasporto pubblico e disabilità - Fermate i treni. Deve passare la carrozzella Le banchine 1 e 2 Est non sono raggiungibili dai disabili. Bisogna chiedere assistenza

Per chiedere assistenza si suona il campanello, in alternativa c’è il numero dedicato a pagamento, poi per raggiungere la banchina è necessario attraversare i binari e dunque fermare un treno: più che la stazione del futuro, per i disabili, continua a rappresentare un viaggio nel passato Roma Tiburtina, di ultimissima generazione per troppi aspetti che però non riguardano la mobilità, ancora assistita e ad ostacoli. I problemi principali riguardano le banchine 1 e 2 est, verso cui - in via provvisoria dopo il rogo dell’estate 2011 - fu dirottato il traffico ferroviario che interessa per lo più i pendolari. Da quest’ala della stazione, infatti, partono i treni diretti a Lunghezza, Avezzano, Tivoli, tratte intermedie fino a Pescara che già soffrono di continui ritardi e sovraffollamento. Problemi che si ripercuoto anche su Roma Tiburtina, dove l’unica banchina a disposizione, negli orari di punta «già è pericolosa per i viaggiatori senza disabilità - ci hanno raccontato i pendolari - figuriamoci per chi è obbligato sulla sedia a rotelle». Spesso, spessissimo, denunciano di «aiutare queste persone a braccio, qui non si possono spostare da soli».

È così. Col presidente dell’associazione Fiaba, Giuseppe Trieste, abbiamo cercato di raggiungere autonomamente i due binari al centro delle polemiche dei pendolari, e ciò che dovrebbe essere normalità è diventata un’impresa. I problemi cominciano fuori dalla stazione lato tangenziale, dove si contano solo due parcheggi per i disabili, spesso occupati dai taxi o dalle auto in sosta, anche in doppia fila. Trieste è così obbligato a raggiungere l'ingresso marciando sulla carreggiata. Gli ascensori funzionano, dunque proseguiamo verso i binari 1 e 2 est. Al termine del percorso, lunghissimo poiché - come detto - si trovano nella parte più esterna dello scalo, eccoli, i gradini. Ventotto, che bloccano i disabili in ingresso, ed evidentemente in uscita. Il personale di Rfi, in ogni caso, informa che «non c’è problema, chiediamo subito assistenza». L’addetto inizia a maneggiare al telefono. Due chiamate. Tre chiamate. Nel frattempo sono passati cinque minuti. Dicono che «stanno arrivando». Ancora qualche tempo, ci si scambia informazioni sul tragitto e sulla stazione d’arrivo. Otto minuti e l’assistenza arriva, chiavi in mano. Perché l’alternativa alle scale, passati oltre tre anni dalla conclusione dei lavori del nuovo snodo, è ancora un passaggio a raso: in pratica si raggiungono in ascensore i binari paralleli, ovvero il 24 ed il 25, dove - ci assicurano «ogni volta» - viene aperto il lucchetto del passaggio disabili, e poi si provvederà ad informare la sala operativa. Perché? Per fermare il treno, in partenza o in arrivo, «avvisando tutti che è in corso l’attraversamento». Un evento. «Situazione vietata da anni - commenta Trieste - oltre che pericolosissima». Intanto sono passati tredici minuti e il treno per Avezzano, il presidente di Fiaba, probabilmente l’avrebbe perso. L’altra soluzione, per chi vuole assicurarsi il servizio prenotando in anticipo, è a pagamento: come scrive Rfi sui cartelli informativi «i costi sono quelli applicati dal gestore». «Il problema non è tanto il costo - conclude Trieste - ma il fatto che Rfi spieghi che questo servizio è disponibile in più di 250 stazioni, ma quante sono le stazioni in Italia?». Così, il viaggio resterà sempre un’incognita: «Come accade con la metro, magari una stazione è attrezzata, ma le intermedie no, Repubblica, Barberini, Spagna, Flaminio, Lepanto, Ottaviano, che facciamo scendiamo sempre a Cipro e torniamo indietro?»

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