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Pescara, 18/12/2025
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12/05/2013
Il Centro
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Epifani fa il pieno congresso a ottobre. Eletto con 458 voti, l’85,8%. «Difficile, ma ce la metterò tutta» |
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Letta: «Non è il mio governo ideale». Un renziano all’organizzazione
ROMA Questa volta tutto è filato liscio. Guglielmo Epifani è il nuovo segretario del Pd pro tempore. Lo hanno votato 458 delegati, pari all’85,8% dei votanti. E l’Assemblea del Pd non ha registrato nessuna altra candidatura. Se ne riparlerà al congresso che è stato deciso si terrà “entro ottobre”. E quella sarà l’occasione per fare finalmente l’analisi dei settanta giorni più brutti della storia democrat. Un tempo infinito scandito dallo psicodramma che ha visto il partito impallinare Franco Marini e Romano Prodi, le dimissioni di tutto il gruppo dirigente, la rottura dell’alleanza con Nichi Vendola, la rielezione di Giorgio Napolitano e l’abbraccio, da molti considerato mortale, con Silvio Berlusconi per far nascere un governo che persino Enrico Letta che lo presiede non considera il suo “governo ideale”. «Non potevo sottrarmi» dice l’ex numero uno della Cgil. «Vi ringrazio della fiducia, ce la metterò tutta per fare bene,, com’è nel mio stile. So quanto è difficile il mio compito, mi aiuta l’esperienza, la passione che ho dentro e voi, per riprendere il futuro del partito, non per noi ma per il futuro del Paese: da domani torniamo a lavorare», scandisce pochi minuti dopo l’elezione il successore a tempo di Bersani. Ma sarà davvero un segretario con una scadenza come lo yogurt? In molti dietro le quinte se lo chiedono. Molto dipenderà da quanto reggerà la pace interna, quella sorta di patto siglato tra i maggiorenti del partito in extremis che ha portato alla elezione del primo ex socialista alla guida del Pd. Epifani arriva alla nuova Fiera di Roma e per prima cosa incontra i giovani di Occupy Pd che gli consegnano volantino e maglietta. Il clima è abbastanza sereno anche se i contestatori del vertice del partito non sono soddisfatti. Parla Pier Luigi Bersani. «Siamo capaci di un nuovo inizio? Io credo di sì dobbiamo farcela, si vince insieme ma si perde sempre da soli, dobbiamo dirilo ai giovani», dice con una punta di amarezza l’ex segretario. Nel suo intervento, e per la verità anche in quello di quasi tutti gli altri, non c’è traccia di autocritica. Tocca a Rosy Bindi. L’ex presidente prende le distanze da tutta la gestione degli ultimi mesi del partito, racconta di aver scritto e consegnato a Bersani la sua lettera di dimissioni molto tempo prima e di averla congelata per aspettare che anche Bersani facesse altrettanto. Arriva Matteo Renzi. Il sindaco chiede al Pd uno scatto d’orgoglio, anche sul governo. «Non dobbiamo subire l’azione del governo, dobbiamo impegnarci a guidarla perchè non è importante quanto dura» ma il peso che i democratici riusciranno a dare alla loro compagine governativa. «Non dobbiamo regalare il governo a Berlusconi», aggiunge. Il sindaco rottamatore chiede la fine del correntismo e fa gli auguri ad Epifani. Lui non punta alla segreteria. Questa volta però Renzi entrerà nella stanza dei bottoni del partito: sarà un suo uomo a guidare l’organizzazione, Luca Lotti. A sorpresa arriva anche un riconoscimento per Gianni Cuperlo che poco prima è intervenuto facendo una delle poche analisi politiche. «Non è rinunciando alle proprie idee che si conquista il consenso» spiega annunciando che ottobre si presenterà per la segreteria. Quella di ieri è anche la giornata di Enrico Letta. Il premier non è più vicesegretario e legando l’elezione di Epifani alla stabilità del governo. «Mi dedicherò con impegno totale alla missione che il Parlamento mi ha dato, non governerò a tutti i costi - assicura - ma con tutte le energie che il Signore mi ha dato». Poi ammette con una punta di ironia: «Questo non è il mio governo ideale e non è neanche guidato dal mio premier ideale». Ora Epifani dovrà mettere in sicurezza il Pd e dovrà sbrogliare la matassa economica. A largo del Nazzareno tira un’aria pesante e il sito Dagospia ipotizza addirittura cassa integrazione per i dipendenti. La notiza è smentita dal tesoriere, Misiani, l’unico della gestione Bersani ancora in carica.
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