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Pescara, 18/12/2025
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Data: 12/05/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Ruffini: «Sono i localismi a frenare la regione»

PESCARA «Io nella provincia di Chieti non la vedo così grigia come ce la raccontano». Luca Ruffini è un manager romagnolo che da dodici anni lavora in Abruzzo: prima De Cecco, oggi Del Verde di cui è amministratore delegato con l’obiettivo fisso della ristrutturazione («a buon punto, ma non ancora terminata») per conto del gruppo argentino Molinos. Abruzzo Open Source infila gli occhiali del manager che guarda con affetto severo la terra che gli dà un lavoro. «Partiamo da una premessa: qui c’è un grande potenziale in termini di territorio e di turismo. E parlo per noi: poter produrre pasta dentro un parco nazionale utilizzando acqua pura di sorgente è un valore strepitoso da rivendere a livello internazionale. Quando da fuori portiamo i clienti a Fara rimangono ammirati. Potessimo portarli tutti qui non avremmo bisogno di fare maerketing perchè sono valori difficili da trovare in giro. Ecco, in Abruzzo ci sono molte cose valorizzabili ma se ne parla poco, invece ci sono realtà che non hanno nulla ma che sapendole costruire e vendere, le fanno diventano valori».
Fine della premessa, cosa vede da forestiero «adottato».
«Beh, in Romagna la spiaggia dà da lavorare dal mese di marzo fino a ottobre, qui non accade, dura solo tre mesi: questione di normative mi hanno spiegato. Però è un handicap. Il lungomare di Pescara per esempio non ha nulla da invidiare a certi bagni della Romagna. E poi devo dire, cosa abbastanza inspiegabile, che in spiaggia non si può fare nulla. Troppi divieti, perchè?».
Ora parola al manager.
«Partirei dai costi della logistica. Quando in azienda mi trovo a fare confronti sui conti per i costi infrastrutturali siamo assolutamente perdenti. Per me solo mandare un container al porto un costo di 5/600 euro, un’enormità. Potessi andare a Ortona sarebbe un’altra cosa. Ancora: pensi che il corriere Traco per le consegne 24h non garantisce Fara: come location non è vantaggiosa, dicono. Anche se ha dei pro importanti di cui ho già parlato».
Infrastrutture, queste sconosciute.
«Le dirò di più. C’è anche una resistenza infrastrutturale».
«C'è sempre l'occhio che vede lo straniero in modo sospetto. Se uno ci mette la faccia come me da dodici anni, non ci deve essere il dubbio sulla veridicità, ci deve essere la discussione, quella sì. Faccio un esempio concreto: abbiamo speso 1,5 milioni per un robot per etichettare il prodotto, arriverà nelle prossime settimane. L’hanno fatto negli Stati Uniti e con software sviluppato da noi. Mi aspetto un grande entusiasmo, ma per come conosco gli abruzzesi, va sempre tirato fuori facendo una fatica immane. Quando nasce questa incertezza mi dà un po’ fastidio: cosa dobbiamo fare per dimostrare in un regione che sta facendo fatica dal punto di vista dell'impiego, di essere credibili davanti ai sindacati, al territorio?».
Il miglioramento del porto di Vasto non vi soddisfa?
«Il nostro problema è che Vasto allunga di molto la resa dei prodotti. Di quasi 15 giorni e la differenza di costo è di neanche 100 euro. Se pensa che già impieghiamo 30 giorni per andare negli Stati Uniti capirà che per noi è troppo. Ci ho pensato però e ho anche parlato con la società di Vasto: credo abbiano fatto presente a Msc che devono rivedere della cose per accorciare le distanze. Noi andiamo a Napoli o a Salerno per il mare».
Quanto incidono i localismi sull’agroalimentare abruzzese?
«Incidono. La mia esperienza è che quando ho cercato di fare cose con gli altri ho trovato poco spirito di squadra. Un esempio: ho cercato uno chef stellato abruzzese per promuovere la nostra pasta, gli ho fatto un’offerta che ha rifiutato e poi ho visto che di recente ha accettato come sponsor una pasta di Napoli. Il bello che è che proprio nelle vostre interviste ha detto che qui manca il gioco di squadra. Ma come, proprio tu lo dici? Ancora: noi siamo nel consorzio Agire (soggetto gestore del polo d’innovazione agroalimentare, ndr) che era un progetto definito. Oggi si parla di 80 aziende, un board di non so quante persone. Mi viene un po’ di paura perche mi pare diventata una struttura elefantiaca. E’ difficile mettere d’accordo così tante persone. I consorzi devono essere aggressivi e veloci quando si va a decidere. Devo dire, in compenso, che la Regione è molto aperta a questo, Anche sull’olio di oliva mi parlano di problemi analoghi».
Voi sul foodbus che ha girato negli Stati Uniti (quello che ha avuto una pagina sul Times, ndr) avevate come partner cone Beretta e Zonin.
«Ma per il caffè avevo Saquella. Per il resto quando ho avuto il via libera per il bus ho chiamato un po’ di gente: in 15 giorno mi hanno risposto solo quei partner lì».

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