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Pescara, 18/12/2025
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Data: 12/05/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
«Wine glass regolare il contratto con Ito» Escluse dai giudici colpe di D’Alfonso nelle grandi opere

Fra i tanti capitoli che figurano nella corposa sentenza di assoluzione per l’ex sindaco Luciano D’Alfonso e per gli altri 23 imputati fra cui imprenditori molto noti come i Toto, c’è anche il Wine glass, la contestata e sfortunata opera dell’architetto giapponese Toyo Ito. D’Alfonso e il suo dirigente Guido Dezio per questo episodio erano accusati di falso e truffa. Ma per il tribunale i due reati non esistono e peraltro il falso contestato «non sussiste perché l’incarico conferito a Toyo Ito, frutto di contrattazione e trasfuso nella scrittura privata del 12 maggio 2006, era di progettazione, direzione artistica e comunicazione istituzionale e non di sole progettazione e direzione artistica con surrettizia comunicazione istituzionale». E vengono citate tutte le testimonianze portate dalla difesa D’Alfonso per confutare l’inesistenza della comunicazione istituzionale. «Il punto nodale - si legge ancora - è che l’assunto della pubblica accusa per cui le determine 187 e 630 sarebbero state formate ad arte per aumentare il compenso di Toyo Ito che, in realtà, mai avrebbe svolto l’attività di comunicazione istituzionale, tanto è vero che la prima fattura di Toyo Ito si riferiva alla sola progettazione dell’opera, è contraddetto documentalmente dal contenuto fedelmente riportato dagli atti amministrati e non. La censura che il 12 maggio Toyo Ito, venendo a Pescara, abbia solo firmato il contratto e non svolto attività divulgativa è stata fugata dai testi che hanno parlato di quella giornata e di altre occasioni a seguire fino all’inaugurazione del 14 dicembre 2008 in cui Toyo Ito ebbe modo di svolgere attività divulgativa».
Accertamenti e verifiche che potevano ben essere fatti durante la fase delle indagini, evitando gli arresti e un lungo e costoso processo, così come tante altre circostanze che la sentenza mette in evidenza, ribadendo un punto cardine del processo: l’assenza di prove della responsabilità di D'Alfonso nei tanti capi di imputazione che gli vengono contestati. Dalle ipotesi di peculato per i voli, alla gestione delle casse della Margherita, alla costruzione della villa di Lettomanoppello, senza tralasciare i due grossi appalti: cimiteri e area di risulta, quest’ultimo vinto da Toto, amico da sempre di D’Alfonso. «Ritiene il collegio - si legge a proposito di quest’ultima gara di appalto che secondo l'accusa sarebbe stata creata su misura per Toto - che quali che fossero i perimetri della gara entro i quali calibrare l’offerta erano stati resi ostensibili, erano conoscibili da tutti e l’offerta Toto per 4000 posti auto era conforme a quanto l’amministrazione aveva richiesto non assecondando le aspettative di Toto. Se un rilievo deve essere mosso è a chi ha redatto materialmente il bando e la lettera di invito dimostrando approssimazione e scarso approfondimento del contenuto di tutti gli atti che regolavano la materia».

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