Sulle riforme consultazione via internet. Niente ministri ai comizi «Tra di noi franchezza e lealtà». Ma sulla legge elettorale il Pdl frena
ROMA Niente ministri in piazza e in Tv, subito il decreto per Imu e Cig, più lavoro per i giovani, un pacchetto di agevolazioni fiscali per chi assume e una commissione parlamentare per le riforme, che dovranno procedere su un «doppio binario» e per le quali è prevista una «consultazione pubblica» via Internet. Enrico Letta comincia la conferenza stampa di chiusura della due giorni di “ritiro” illustrando la road map del governo per i prossimi 100 giorni. Ma la premessa, dopo lo scontro con i ministri del Pdl che hanno partecipato alla manifestazione di Brescia contro i giudici, è tutta dedicata ai difficili rapporti nella maggioranza. Il premier avverte che, nonostante le liti, all’interno del governo le persone «cominciano a conoscersi e a lavorare insieme», con regole improntate su «franchezza e lealtà reciproche». No ai ministri in piazza. «La decisione che abbiamo assunto è che i ministri si occuperannon del governo con un impegno a stare fuori dalle vicende più prettamente politiche e partitiche, a partire dalla campagna elettorale per le amministrative» spiega Letta, che non vuole più ministri alle manifestazioni di partito e fa capire che la nuova linea è stata concordata con Angelinio Alfano, che gli siede accanto. Il premier vuole evitare il rischio di essere “impallinato” sui provvedimenti più importanti e avverte: «Le maggioranze variabili su diversi provvedimenti rendono complicata la vita del governo». Un rischio sul quale interviene anche Angelino Alfano: «Le maggioranze variabili possono avvenire sui temi più svariati e con gli esiti più imprevedibili...» Legge elettorale e riforme. «Con questa legge elettorale non si può andare a votare» il premier lo dice chiaro e tondo e fa capire che vorrebbe subito una riforma minima, una sorta di «salvaguardia» che consenta, nel caso in cui la situazione precipiti, di andare alle urne con un Porcellum modificato almeno nel premio di maggioranza (che al Senato è su base regionale). Della questione si occuperà il ministro delle Riforme, Gaetano Quagliariello, che dovrà verificare a breve anche che margini ci sono per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. L’intenzione di Letta è quella di tornare al Mattarellum (75% maggioritario e 25% proporzionale) ma non è affatto detto che l’operazione riesca perché i “falchi” del Pdl, da Brunetta a Gasparri, passando per Sandro Bondi, fanno capire che il Cavaliere, stretto nella morsa dei processi, già pensa di tornare al voto al massimo tra un anno con il Porcellum, che è il suo vero scudo giudiziario. E, per questa ragione, bocciano la proposta . Diverso il discorso che riguarda le riforme costituzionali. Tramontata l’idea di una Convenzione con dentro i “saggi”, l’intera riforma sarà affidata ai membri delle commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato che daranno vita ad una “nuova Convenzione” presieduta da Francesco Paolo Sisto (Pdl) e Anna Finocchiario (Pd). Ad essa verrà affiancata una commissione di esperti, esterni alla politica, nominata dal governo (e presieduta dal premier) che dovrà in 100 giorni elaborare proposte di riforma della Costituzione. Imu, Cig, lavoro. In attesa di una riforma organica, venerdì prossimo il consiglio dei ministri dovrebbe varare il decreto di sospensione della prima rata di giugno sulla prima casa e il rifinanziamento della cassa integrazione. Su entrambi i fronti, il nodo resta quello della copertura. Per quanto riguarda l’Imu, si sta valutando anche l’introduzione di agevolazioni per le imprese ma, al momento, si tende a escludere l’esenzione dell’acconto di giugno per l’Imu che le imprese pagano per i capannoni e i fabbricati industriali. Il mancato gettito sarebbe troppo pesante per le casse dello Stato. Quanto al lavoro, Letta fa capire che la lotta alla disoccupazione giovanile si combatterà anche e soprattutto con sgravi fiscali «per gli italiani che vogliono fare» cioè , per chi assume.
Quel “patto” che irrita Berlusconi
Tra premier e Alfano scontro franco ma anche sintonia. I sospetti del Cavaliere
SIENA «Litigare nello spogliatoio ma fuori uniti, per affrontare con concretezza i problemi che il paese ha davanti». Enrico Letta prende spunto dallo scontro nato con Alfano sulla manifestazione di Brescia, per coniare lo "spirito di Spineto", ovvero quella regola del confronto anche aspro da affrontare «con lealtà e franchezza reciproca» ma, superato il quale, l'azione di governo deve marciare e portare a casa i risultati. La formula è simile a quella utilizzata nel giorno della nomina al Quirinale e ribadita ancora ieri: «Governo di servizio e dunque non a tutti costi», nessun galleggiamento per salvare la faccia. Dunque, anche i litigi e gli scontri siano veri o comunque non edulcorati, perché Letta e Alfano sono diversi e i due azionisti forti della maggioranza non hanno nessun interesse ad apparire d'amore e d'accordo. Sembra la formula giusta per smontare l'inciucio, o quantomeno togliergli il marchio negativo. Qualcuno avanza il sospetto che quella rissa sul pulmino che scalava le colline senesi domenica pomeriggio sia stata raccontata proprio con l'intento di allontanare un'immaginetta di "governissimo" che non piace a nessuno a cominciare dagli elettorati del Pd e del Pdl . «Nessun gelo ma Alfano e Letta sono diversi, uno non diventerà di sinistra e l'altro non diventerà di destra, stanno insieme per necessità», racconta il ministro dell'Agricoltura Nunzia Di Girolamo lasciando la tenuta di Spineto, seguendo già alla lettera lo spirito del conclave; anzi, «dovrebbero esserci più occasioni di questo tipo per rinsaldare lo spirito di squadra». Siparietti che non sembrano piacere a Berlusconi che a Palazzo Grazioli raccontano abbia accolto con molto sospetto il ritiro in conclave e le sue conclusioni tra le quali il ritorno in vita della "Convenzione per le riforme costituzionali" che lui stesso aveva seppellito la scorsa settimana bollandola come «una perdita di tempo». Sospetti confermati dalle numerose telefonate prima, durante e dopo ogni sessione ad Angelino Alfano, sul quale i falchi a Roma, fin dalla formazione del governo, gettano molte ombre. A far crescere i dubbi del Cavaliere, il silenzio sulle riforme della giustizia in conferenza stampa, così come le antenne si sono concentrate sulle cronache di quel «pulmino di quattro democristiani» partito per la Toscana dove si è litigato per finta ma poi si son messe le basi per un «patto tra diversi».