Ogni giorno 200mila cittadini campani rinunciano a salire sui mezzi pubblici. Meglio l'auto, la bicicletta, il taxi, persino i pulmini abusivi che sono spuntati ad ogni angolo, come i venditori ambulanti di ombrelli appena inizia a piovere. Basta solo questo dato a fotografare la bomba trasporti scoppiata in Campania (ma anche nel resto del Paese). Passeggeri in fuga Secondo gli esperti della Regione, nel 2011 la media quotidiana (feriale) di utenti di autobus, treni e tram era di un milione e 300mila unità. Dodici mesi dopo è scesa a un milione e 100mila. Un crollo vertiginoso che, osservano i tecnici, è legato a doppio filo alla progressiva riduzione di servizi sul territorio e al peggioramento della qualità del trasporto pubblico. A conti fatti, se si considera una media di 1,30 euro per biglietto (il costo del tagliando di Unicocampania oscilla da 1,30 euro, il più diffuso, fino a 10,40 euro, per i collegamenti più difficili) il sistema regionale ha dovuto rinunciare a 260mila euro al giorno. Che diventano 95 milioni all'anno. Tagli e debiti Il meccanismo si è inceppato da un lato per l'indebitamento record delle aziende del comparto e dall'altro per la massiccia riduzione di trasferimenti dallo Stato alla Regione. Circa 100 milioni di euro in meno in tre anni. Un combinato disposto che ha prodotto effetti drammatici. Il fallimento di Eav Bus, una delle quattro società della holding Eav oggi diventata società unica, è solo una delle conseguenze. Ma scenari simili si sono verificati anche nelle altre province campane, da Caserta a Salerno. E dove non c'è stato il crac, si sono moltiplicati i disservizi: linee e corse soppresse, scioperi improvvisi, treni e autobus guasti. Boom di evasori Quando le cose non funzionano, aumentano i trasgressori. È successo anche in Campania: dal 2010 al 2012 la percentuale di evasori è salita di 7 punti. Praticamente oggi quasi 3 cittadini su 10 (il 26 per cento) viaggiano sprovvisti del biglietto o lo tengono in tasca senza obliterarlo. Il numero di «portoghesi» raggiunge livelli da guinness dei primati all'ombra del Vesuvio, più per la gomma che per il ferro: sui bus Anm un passeggero su due non compra il tagliando. «Un fenomeno allarmante e gravissimo che produce danni enormi - tuona l'assessore regionale Sergio Vetrella - I mancati introiti ammontano a 70 milioni all'anno su un incasso complessivo che supera i 300 milioni». E allora gli amministratori locali stanno correndo ai ripari: «Nelle prossime ore scriverò ufficialmente ai vertici di tutte le società - annuncia l'esponente della giunta Caldoro - Bisogna intensificare i controlli e vigilare». L'emergenza Eav Nel disastrato comparto regionale è l'Eav a dover fare i conti con i problemi maggiori. Ciò a causa di un indebitamento storico che si aggira intorno ai 600 milioni di euro e che è difficile persino quantificare. Così le tre società, che fino a qualche mese fa facevano parte della holding e che ora sono confluite in un'unica azienda, hanno ridimensionato drasticamente l'offerta subendo un'emorragia di utenti. Ecco qualche esempio. Nel 2012 la Circumvesuviana aveva programmato il taglio del 43,2 per cento dei servizi rispetto al 2011. Ma la situazione è talmente precipitata che si è arrivati a una riduzione effettiva del 58,3 per cento. Significa che più di una corsa su due è stata soppressa. Il risultato? Circa 53mila viaggiatori in meno al giorno. La musica non cambia se si spulciano le carte della Sepsa. Nel 2012 l'azienda aveva programmato il 27,1 per cento in meno di corse rispetto all'anno precedente: ha dovuto, suo malgrado, aggiungere altri 5 punti di sacrifici. Una politica di rigore che ha spinto il 18,7 per cento dei passeggeri, pari a 10500 unità, a scegliere mezzi alternativi. Complessivamente il gruppo ha perso il 33 per cento degli utenti: nel 2011 erano 289mila persone al giorno, oggi sono (solo) 191mila.