Qualche dipendente si è affacciato alla finestra, incuriosito dal frastuono, ma nessuno, dirigenti, assessori, segretari, è uscito dal palazzo per incontrare i manifestanti. Eppure di motivi per ascoltarli ce n’erano molti. Primo, perché una protesta così larga in Abruzzo non si vedeva da anni; secondo, perché per la maggior parte degli oltre mille partecipanti al corteo raggiungere la sede della Regione in viale Bovio, partendo dalla Provincia in piazza Italia, non è stato affatto semplice; infine, perché quando sindacati, pensionati, associazioni che si occupano di volontariato e disabili chiedono di sapere cosa ne sarà di loro, dopo che il governo dal 2009 ha azzerato il fondo per la non autosufficienza e ancora oggi continua a tagliare risorse al sociale, forse una risposta la meritano. Si è conclusa, però, con un nulla di fatto la grande manifestazione organizzata dalla Cgil contro i tagli al sociale, a cui hanno partecipato associazioni provenienti da tutta la regione, come Carrozzine determinate, Anffas, Percorsi e Dimensione volontario. O meglio, una promessa è arrivata: quella dell’assessore regionale alle politiche sociali Paolo Gatti, che ieri era a Roma per impegni istituzionali, ma ha fatto sapere di essere pronto ad incontrare disabili, anziani e operatori, ribadendo però che all’origine di una «situazione sicuramente difficile ci sono politiche nazionali e non regionali». «Che il governo abbia le sue colpe è indubbio - ha risposto pronto Camillo Gelsomini, Uildm -, ma le Regioni hanno autonomia fiscale e possono integrare il fondo destinato al sociale. In Abruzzo, diversamente che altrove, Chiodi e Gatti hanno preferito restituire pochi spiccioli di tasse ai cittadini, in vista delle elezioni, e lasciare i più deboli in stato di totale abbandono».
Un abbandono che, spiegano i manifestanti, ha ripercussioni pesantissime su centinaia di famiglie, costrette ad unire al dramma umano quello economico, dato che questi tagli imporranno la cessazione di servizi come l’assistenza domiciliare, assegni di cura, trasporto disabili, fisioterapia e la chiusura dei centri diurni. «La Regione ha accumulato debiti verso i Comuni pari a 25milioni di euro in soli tre anni - urlavano gli organizzatori al megafono, mentre il serpentone umano, capitanato da un cordone di disabili in carrozzina, percorreva corso Vittorio Emanuele - e, se la Regione non ripristina i fondi tagliati, nel 2013 le attività legate al sociale saranno totalmente paralizzate. Chiediamo, quindi, che si trovino le risorse per coprire le passate annualità e per assicurare, anche in futuro, servizi fondamentali per centinaia di cittadini più deboli, che non possono essere trattati come figli di un Dio minore». Se così non sarà, assicurano, "gli assassini del sociale saranno mandati presto a casa".