AVEZZANO Sarà sicuramente felice lassù della dimostrazione di affetto ricevuta in questa piovosa giornata di maggio. Quaggiù qualcuno lo ama. Davanti al Municipio di Avezzano lo aspettano in tanti. Dipendenti comunali, amministratori di ieri e di oggi, amici di vecchia data, estimatori. All’arrivo del feretro, l’abbraccio corale. La segretaria storica Maria Leonardi coi lucciconi agli occhi ripete come un mantra: «È stato un grande». Flavia De Sanctis, all’epoca vice sindaco e poi assessore, depone sulla bara una rosa rossa appena colta in giardino. La città non dimentica, non può dimenticare Mario Spallone. Momenti di commozione, pensando al vecchio leone che non c’è più. «Da dirigente ho lavorato insieme a lui per sette anni - ricorda il primo cittadino Gianni Di Pangrazio, salutando i familiari del Prof giunti da Roma - e mostro ancora oggi con orgoglio un libro che mi donò. Nella dedica c’è scritto: "Senza di te non potrei fare il sindaco". È stato un bellissimo riconoscimento, ricevuto nelle vesti di funzionario pubblico, che non dimenticherò mai». Un’elezione significativa, quella di Spallone nel 1993, perché «per la prima volta - sottolinea Di Pangrazio - fu il popolo a scegliere direttamente il proprio sindaco, grazie alla nuova legge. Periodo difficile per governare, ma Spallone ci riuscì. Uomo d’altri tempi, che ha lasciato un segno indelebile perché sempre attento ai bisogni dei cittadini».
«Un sindaco tra la gente per la gente, amava definirsi» racconta il figlio Alfredo, la voce spezzata dal pianto. L’avvocato Callisto Terra, leale oppositore politico per tanti anni a Lecce nei Marsi, oggi è fiero «di aver mantenuto con lui un rapporto di rispetto reciproco. Mi chiamava, mi invitava a cena per parlarmi dei suoi progetti, delle tante cose che avrebbe voluto fare. Non si fermava mai». Saluti, baci, abbracci tra persone che magari si rivedono dopo anni. Ci sono l’ex assessore Goffredo Taddei, l’allora parlamentare Corrado Paoloni, il fido Pino Venditti. Ognuno ha un aneddoto, un episodio, un ricordo da condividere con gli altri. Poi il feretro riparte alla volta di Lecce. Qui, ad attenderlo davanti all’abitazione di famiglia, il sindaco Gianluca De Angelis, amministratori, cittadini. Tutti in corteo fino al Palazzo municipale, dove è allestita la camera ardente. Continuo, incessante il flusso di quanti vogliono rendere omaggio a colui che per il paese è stato non solo un’autorità, ma una persona cara. Nel pomeriggio le esequie, celebrate dal vescovo ausiliare dell’Aquila mons. Giovanni D’Ercole e dal parroco don Vincenzo. Chiesa strapiena. Da Roma i figli, i fratelli, amici e conoscenti. Dalla Marsica numerosi sindaci, delegazioni di Comuni, esponenti regionali e locali di vari partiti.
Così, dopo una vita di frenetica attività, adesso il Prof riposa nella cappella di famiglia, accanto ai suoi cari, ascoltando musica classica. Quella diffusa quotidianamente dall’impianto che proprio lui fece installare nel cimitero di Lecce, seguendo l’esempio, disse, dei camposanti russi.