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Data: 19/05/2013
Testata giornalistica: Il Centro
La piazza della Fiom: basta aspettare. Landini: centrale il lavoro non l’Imu, tassare le rendite. Al Pd: governate con la destra e avete paura di essere qui. Epifani: ma sul lavoro stiamo dando risposte

ROMA «Grazie di esistere, siete un baluardo per l’Italia» dice Gino Strada, tra gli applausi della folla riunita a San Giovanni dalla Fiom. Per questo baluardo evocato dal fondatore di Emergency, l’operaio Manrico Dolcetti con cento compagni di lavoro della Berco di Copparo è partito alla mezzanotte di venerdì. E così hanno fatto i lavoratori della Brevini di Reggio Emilia, gli operai e i tecnici di Mirafiori in Cassa integrazione, la delegazione della Sardegna e quella di Pomigliano. E con loro esodati, pensionati, precari. Tante storie dell’Italia operaia che non vuole rassegnarsi a morire di disoccupazione e miseria, si sono intrecciate ieri alla manifestazione della Fiom che ha sfilato a Roma, in un mare di bandiere rosse, e si è conclusa in piazza san Giovanni con il comizio di Maurizio Landini. A tutti, il leader delle tute blu della Cgil ha offerto ospitalità. Ma non tutti hanno accolto il suo invito. Il Pd di Epifani non ha risposto e i democratici hanno partecipato solo con alcuni esponenti come Cofferati, Civati, Orfini, Mineo. Poca cosa a confronto della vistosa partecipazione di Sel, Pdci, Rifondazione, Idv e, anche se più defilato, del Movimento 5 Stelle. «Abbiamo invitato tutti a questa manifestazione - ha detto Landini - e voglio dire senza polemiche che essere qui non è solo essere rispettosi della Fiom. Non capisco come si può essere al governo con Berlusconi e avere paura di essere qui». Non è un corteo contro, ripete alla folla (la Fiom stima 100 mila presenze) alla quale però non piace il governo tra Pd e Pdl. Anzi, Landini avverte che «senza discontinuità, questo governo non avrà una lunga durata e noi non ci rassegnamo». La Fiom si dice pronta a mettere in campo «tutte le iniziative per cambiare le politiche economiche». A differenza di quanto il sindacato nel suo complesso - ammette anche autocriticamente - fece rispetto alla stagione del governo Monti: allora, dice Landini, in particolare sulle pensioni «il sindacato non ha fatto tutto quello che doveva». La valanga operaia che ha invaso Roma, pacifica e persino allegra, sempre civilissima, ha voluto ricordare alla politica e al governo che la questione centrale non è l’Imu ma il lavoro. In particolare quello che sta franando e quello che manca. Lo ricordano gli innumerevoli striscioni che punteggiano il corteo insieme alle bandiere del sindacato e dei partiti. Striscioni issati dai cinquemila operai e tecnici emiliani, del petrolchimico di Ferrara, della Sirti di Bari, dell’Ilva di Taranto, degli esodati dell’Unilever di Lodi, della Fiat di Pomigliano. E ancora della Dytec di Chivasso, di Mirafiori, della Ducati Motor, di Melfi, della Lucchini e Dalmine di Livorno, del Sulcis, delle fabbriche venete. A vederli sfilare ci si stupisce persino di una tale ricchezza dell’apparato produttivo italiano che ora si sta squagliando. Pezzi di un’Italia in crisi, orfana di politiche industriali, falcidiata da Cassa integrazione spesso preludio di chiusura. Landini strattona duramente l’intera classe politica, l’accusa di pensare ad altro. O di baloccarsi con l’Imu «tassa costruita con i piedi ma non penso che il problema sia quello di cancellarla per tutti. La questione è tassare la ricchezza e redistribuirla». E’ questo il suo manifesto, quello che raccoglie i maggiori consensi dalla piazza operaia e dagli ospiti, tra i quali Stefano Rodotà, Gino Strada, Fiorella Mannoia e dai tanti esponenti dell’associazionismo. «Io vedo altre priorità, come il non aumentare l'Iva, il detassare il lavoro dipendente e costruire un piano di investimenti per l'occupazione. Su questo non vedo una discussione sufficiente da questo governo» afferma ancora Landini. Che si sofferma anche sul rifinanziamento della Cassa integrazione: per quella in deroga «un miliardo va bene ma non è detto sia sufficiente per uscire dall'emergenza e guardare al futuro. Bisogna uscire da questa logica, altrimenti si rischia di far saltare l'Italia e l'Europa». E molti, al termine del comizio, tra canti e applausi invocano lo sciopero generale.

Epifani: ma sul lavoro stiamo dando risposte

ROMA «Il problema non è stare in piazza ma ascoltare la piazza e dare risposte». Travolto dalle critiche per la sua assenza alla manifestazione della Fiom in piazza San Giovanni, Guglielmo Epifani ribatte al segretario dei metalmeccanici Fiom, Maurizio Landini, che il Pd cerca di dare risposte ai cittadini sostenendo un governo che sta dando risposte ai problemi dei lavoratori. «Oggi in piazza si è detto che bisogna ripartire dal lavoro e il governo è ripartito esattamente da lì, con i primi provvedimenti sulla Cig e i precari della pubblica amministrazione». Enrico Letta, insomma, può stare tranquillo perché il suo partito non gli tirerà brutti scherzi. E pazienza se alcuni esponenti della sinistra Pd, da Sergio Cofferati a Vincenzo Vita, da Fabrizio Barca a Matteo Orfini e Pippo Civati, partecipano al corteo dei metalmeccanici e non digeriscono l’alleanza con il Pdl. Epifani tira dritto: «Sosteniamo il governo, è una responsabilità che ci siamo presi e intendiamo portarla avanti con rigore per il bene del paese». La critica più pesante è certamente quella di Sergio Cofferati che definisce un «errore» l’assenza di una delegazione ufficiale del Pd in piazza San Giovanni e critica l’assenza di un comunicato di «condivisione» degli obiettivi della Fiom. Ma Epifani fa spallucce, spiega che quella di Cofferati «è una opinione legittima come tutte le altre opinioni» e aggiunge che il Pd «ha il dovere di ascoltare tutti i lavoratori». Non solo quelli della Fiom, insomma. A criticare l’assenza del segretario sono anche Matteo Orfini e Vincenzo Vita per i quali «non si può disertare la piazza in un momento così importante». Accanto agli esponenti di Sel, Rifondazione comunista, Pdci, Azione civile di Ingroia e Idv, c’è anche una delegazione del Movimento 5 Stelle che vuole aprire un canale di dialogo con la sinistra. O meglio, come fa capire chiaramente Beppe Grillo, il Movimento vuole togliere voti al Pd. «Se crolliamo noi in questo paese si rompono le dighe, per questo chiediamo agli elettori del Pd di cercare di fare un percorso insieme» dice l’ex comico genovese durante un comizio a Cinisello Balsamo che gli offre l’opportunità di tirare una stoccata ai vertici del Nazareno («Gli elettori di sinistra si vergogneranno di votare Pd perché li hanno presi per il culo»)e di provare a sfilare qualche voto a Epifani: «Gli elettori del Movimento 5 Stelle hanno le stesse idee degli elettori di sinistra». Ma Epifani nega di temere che il partito possa perdere voti in favore di Grillo a causa dell’appoggio al governo: «Un partito deve avere paura se non ha le idee chiare e il Pd le ha».

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