MILANO Avendo studiato per molti anni l'impatto negativo dell'allungamento dell'età pensionabile sul mercato del lavoro dei paesi dell'Ocse il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, sta valutando un piano in due punti: rendere più flessibile il pensionamento, rinunciando a una parte di reddito e assicurare l'ingresso di giovani ricorrendo a contratti part-time fino alla fine della carriera. «Bisogna essere attenti a toccare una riforma che sta finalmente producendo una serie di effetti voluti perché l'instabilità normativa non è amata dagli investitori», ha avvertito il ministro Giovannini intervenendo la scorsa settimana alla commissione Lavoro del Senato. Considerando che, in seguito alla riforma sulle pensioni dell'ex ministro Elsa Fornero, l'età pensionabile è fissata a 66 anni e 3 mesi, l'idea era quella di proporre un'uscita anticipata per il lavoratore che ha conseguito 35 anni di contributi e che potrebbe andare in pensione dopo i 62 anni se accettasse un taglio dell'assegno dell'8%. In questo modo, visto il modico taglio della pensione, potrebbe verificarsi una sostanziale modifica dell'età pensionabile, e, insieme, si combatte la disoccupazione giovanile. L'altra ipotesi, definita dal premier Enrico Letta «staffetta generazionale» e già sperimentata in alcuni contratti aziendali, è quella di proporre ai lavoratori a fine carriera un contratto part-time, che gli permetta di lavorare meno ore con uno stipendio più basso. In cambio l'azienda dovrebbe impegnarsi ad assumere due giovani con contratti a termine o un giovane con contratto a tempo indeterminato, il tutto con la compartecipazione dello Stato che verserebbe una parte di contributo al lavoratore anziano che, in caso contrario, otterrebbe una pensione più bassa rendendo quindi non vantaggioso il part-time.Il provvedimento che costerebbe allo Stato circa un miliardo di euro per ogni centomila assunzioni potrebbe essere applicato anche alla pubblica amministrazione, assumendo un giovane ogni tre pensionati. Secondo una analisi del PD la staffetta nella Pa potrebbe far scendere il numero di dipendenti di 250mila unità, liberando quasi 80mila posti di lavoro, il tutto a costo zero visto che assumere un giovane costa 24mila euro, come il guadagno dal prepensionamento di 3 dipendenti anziani. Questi 80mila posti di lavoro, però, se li contenderebbero i giovani senza impiego, i 110mila precari della pubblica amministrazione e i 70mila vincitori di concorsi pubblici ma non ancora convocati per effetto della spending review del governo Monti.