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Data: 25/05/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Epifani con Marino nella piazza rossa: non è test nazionale

ROMA Quell’inaspettato e indisponente «sarò sindaco, malgrado il Pd» pronunciato da Ignazio Marino a fine campagna, probabilmente ha avuto il suo peso ai fini della piazza. Nel senso che la sinistra romana è tornata a san Giovanni, ma al prezzo di un riempimento a metà, così così, bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto si vedrà, comunque il bagno di folla non c’è stato. Al punto che Guglielmo Epifani, giunto in anticipo sull’orario ma invitato da Marino, come tutti gli altri, a non intervenire dal palco, si è dovuto come difendere: «Non sono pentito della scelta di san Giovanni, era solo una festa, non un comizio di partito. Poi contiamo i voti, e comunque ha influito anche lo sciopero dei mezzi pubblici». Quanto al candidato primo cittadino, che aveva incrociato ai tempi delle primarie le lame con Bersani, non ha avuto alcuna parola di riconoscenza per il segretario dimessosi da poco, anzi, lo ha di fatto espunto, «il Pd ha messo in campo tutte le sue forze», ha detto Marino, ma solo «dal primo momento in cui è stato eletto Epifani». E’ il naturale coronamento di una campagna basata molto più sulla persona che sul partito, racchiusa in quello slogan sui manifesti di Marino che recitano «Non è politica. E’ Roma».
IL TEST

E’ la prima vera scadenza politica del neo segretario, il Pd alla prova Epifani. Lui, l’ex leader Cgil, non è che mostri di premere più del dovuto sull’acceleratore, sa che non può incidere più di tanto sull’esito del voto, è segretario da meno di un mese, sicché si prova a dire alcune cose che facciano capire ma senza troppa enfasi, senza calcare la mano. «E’ un test a valenza locale ma con riflessi nazionali», la sua analisi pacata pacata, che si fa più e battagliera quando si tratta di suonare la carica per il candidato: «Con Marino ci riprenderemo il Campidoglio». Se piazza san Giovanni è per il momento ripresa solo a metà, dopo l’abbandono ai grillini del finale dell’altra campagna elettorale, la poltrona di primo cittadino è invece come prenotata fidando nel responso degli elettori. Uguale auspicio viene da Nichi Vendola, il vero alleato esterno di Marino (quello interno si chiama Zingaretti) in questa contesa: «Roma è troppo importante per lasciarla così abbandonata, mettiamo tutte le energie per far vincere Roma e i romani», il viatico di Nichi il rosso dalla Puglia, dove è impegnato per le amministrative locali.
Il segretario del Pd non ha parlato dal palco, ma la sua non è stata una presenza silente. Anzi. Su tutti i temi caldi ha voluto dire la sua. Sul governo non ha pronunciato particolari parole di elogio o di incoraggiamento, più che altro lo ha ignorato, limitandosi a definire «giusto» il provvedimento sul taglio al finanziamento ai partiti, quanto al resto è stato più critico che accondiscendente, come ad esempio sulla legge elettorale, dove ha sconfessato quanti (Franceschini, che ieri ha smentito?) avrebbero fatto balenare l’ipotesi del Porcellinum: «Siamo contrari a piccoli ritocchi, si rischia di tornare al voto creando un Parlamento ingovernabile, bisogna trovare un’altra soluzione», che Epifani individua nel Mattarellum, aggiungendo che sono possibili «anche altre soluzioni». Quel che al segretario interessa è che non ci sia «alcun effetto larghe intese sul voto», né viceversa, «il test riguarda l’8% degli italiani». Anche perché in giro per l’Italia c’è un certo Matteo Renzi, impegnatissimo come non mai a sostenere i candidati Pd alle amministrative, che va dicendo cose del tipo «Letta sta facendo bene, ma il governo dura solo se riuscirà a fare cose utili», oppure «io sfido Grillo, ma lui fugge», e ancora, «vorrei un Pd che invece di preoccuparsi di correnti, correntine e spifferi, presenti proposte concrete per il Paese».

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