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Data: 26/05/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Braccio di ferro sui soldi ai partiti il premier: solo contributi privati

ROMA Se fosse per Enrico Letta, lo Stato non verserebbe più un euro ai partiti. «Bisogna dare un messaggio chiaro, scegliere il sistema dei contributi volontari dei cittadini, magari incentivandoli il più possibile», ha confidato il premier dopo il Consiglio dei ministri. Ma visto il mal di pancia di Pd e Pdl, con la freddezza di Massimo D’Alema («valuteremo») e l’aperta contrarietà di Fabrizio Cicchitto («l’abolizione totale del finanziamento è un grave errore»), Letta non chiude la porta al doppio binario. Quello che vedrebbe insieme i rimborsi elettorali sulla base di «spese certe e certificate» e i contributi volontari dei cittadini. «Ma con paletti chiari e ben piantati».
I PALETTI DI ENRICO

Venerdì la riunione del governo si è chiusa stabilendo che lo Stato coprirà «parte» delle spese elettorali. Questo perché, come ha osservato più di un ministro, «in gran parte dei Paesi occidentali esiste una qualche forma di rimborso». Così Letta, insieme al suo consigliere istituzionale Francesco Sanna - in vista del Consiglio di venerdì che darà il via libera al disegno di legge - sta cercando di declinare il termine «parte».
Ebbene, per evitare che la promessa dei rimborsi pubblici spinga i partiti a far lievitare le spese delle campagne elettorali, Letta è determinato a fissare un tetto alle spese e un «rapporto stringente» tra numero di voti presi e rimborso. E l’ipotesi allo studio è quella di stabilire 50 centesimi per ogni voto ottenuto (attualmente sono 2 euro ogni anno di legislatura). «Se ad esempio un partito spende 10 milioni e prende 1 milione di voti, riceverà un rimborso di 500 mila euro e i restanti 9,5 milioni dovrà pagarli di tasca propria», spiega Sanna.
CONTRIBUTI E DOPPIO BINARIO

Subito dopo il Consiglio dei ministri si è parlato soltanto della possibilità per i partiti di accedere a una sorta di 4 per mille. Vale a dire: un pezzo di fiscalità che dallo Stato va ai partiti, a costo zero per i cittadini. Ma a questo sistema, Letta intende aggiungere «la rivoluzione» dei contributi volontari. Una parte detraibili (si ottiene un bonus pari al contributo versato sulle tasse che si devono pagare), un’altra soltanto deducibile (sull’importo versato non si pagano le tasse). Per evitare abusi, storture e «garantire parità di accesso alla politica», Letta progetta di fissare un tetto di mille euro (massimo duemila) per ogni contribuente, per i contributi oggetto della detrazione. Detrazione che dovrebbe essere del 50% (i mille euro ”costerebbero” al cittadino 500 euro), anche se esistono progetti di legge depositati in Parlamento che propongono il 75% o addirittura il 95% di detrazione.
Per i contributi oggetto di deduzione, Letta sta studiano un un doppio tetto: il 10% del reddito (chi guadagna ad esempio 100 mila euro non potrebbe donare ai partiti più di 10mila euro) e non più di 70 mila euro di donazioni all’anno. Questo per evitare che un Berlusconi di turno versi centinaia di migliaia di euro al proprio partito, ricavandone un beneficio fiscale.

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