BOLOGNA Arrivato dall’Etiopia nel pomeriggio, Romano Prodi si è precipitato al seggio con la moglie. Ma il suo voto non è servito. Hanno vinto quelli che vogliono abolire il finanziamento pubblico agli asili privati della città, e Prodi stava dall’altra parte insieme con il sindaco Merola e il Pd, e con buona parte del centrodestra. Adesso esultano i referendari del comitato Articolo 33 nella sede di via Scalo, e l’attore Ivano Marescotti che aveva pronosticato una sconfitta è felice di aver sbagliato.
SISTEMA
Non c’era da mettere una croce su un «sì» o su un «no». Bisognava scegliere fra l’opzione A di chi vuole sospendere i contributi agli asili privati e l’opzione B di chi vuole mantenerli. Ha prevalso la A, 59 per cento contro il 41 della B. «Davide ha battuto Golia» è il ritornello dei vincitori. Dove per Golia si devono intendere le segreterie di quasi tutti i partiti, la Curia, le cooperative, Unindustria. Però attenzione, anche gli sconfitti cantano vittoria, e lo fanno guardando i numeri dell’affluenza. Hanno votato in 86 mila, il 28,7 per cento di quelli che ne avevano diritto. «Nonostante i boicottaggi una percentuale buonissima» dicono quelli della A. Per quelli della B è l’esatto contrario: «Affluenza scarsissima, il referendum è bocciato nei fatti, non può decidere una minoranza». Basta questo per capire che malgrado il risultato difficilmente le cose cambieranno. Il referendum, del resto, era consultivo, quindi una semplice richiesta di parere a cui il Comune non pare intenzionato dare ascolto. Ogni anno Bologna spende 38 milioni per gli asili pubblici frequentati da cinquemila bambini. Un altro milione di euro viene dato a 27 istituti privati (quasi tutti cattolici) con millesettecento iscritti: «Il sistema funziona, non c’è ragione di cambiarlo» ha detto e ripetuto il sindaco, Virginio Merola (Pd). «Il referendum lo abbiamo vinto noi, e il Comune non può far finta di niente» rivendicano gli altri.
SCONTRO
La contesa, tuttavia, non si è esaurita intorno a quel milione di euro in più o in meno. E’ scesa nell’arena «gente venuta da fuori», Stefano Rodotà e Gino Strada (con la A) Matteo Renzi e il ministro dell’Istruzione (con la B), Nicki Vendola e Dario Fo (con la A), Guglielmo Epifani e il cardinal Bagnasco (con la B) e così si è accesa una battaglia campale sul finanziamento alle scuole private di ogni ordine e grado, non solo di Bologna ma di tutta Italia. A pagarne le conseguenze è stato il centrosinistra che ha mandato in scena l’ennesima guerra intestina capace di esacerbare gli animi, di alimentare reciproche accuse di tradimento, di mettere Romano Prodi contro Francesco Guccini, il sindaco del Pd contro i suoi assessori di Sel.
In piccolo, si è replicata la divisione che a livello nazionale ha spinto il Pd all’alleanza di governo con Pdl e centristi, e Sel a condividere intenti e obiettivi col Movimento 5 Stelle, che a Bologna ha preso vigorosamente posizione contro i contributi alle private. Senza contare il contorno di associazioni e personaggi celebri della sinistra cittadina che hanno ondeggiato da una parte e dall’altra rendendo ancora più vistosa una spaccatura che potrebbe avere conseguenze funeste sulla maggioranza in Comune.