ROMA Diciotto mesi per fare le riforme istituzionali e guarire la democrazia italiana, colpita dal virus dell’astensionismo. Il premier Enrico Letta accompagna le mozioni di maggioranza che incardinano l’iter delle riforme e suona la sveglia ai partiti invitandoli a mantenere «promesse fatte e mai mantenute». Le mozioni passano agevolmente (224 sì, 61 no e 4 astenuti al Senato, 436 voti favorevoli, 134 contrari e otto astenuti alla Camera) mentre vengono respinte quelle presentate da M5S e Sel in entrambe le Camere. Approvata quella della Lega che invece riceve l’ok dei partiti di maggioranza (Pdl-Pd-Sc).
La road map delle riforme, dunque, c’è: ddl sulle procedure da presentare entro giugno, da fine settembre si entra nel merito, a quel punto un anno e mezzo di tempo per il varo. Anche se pochi ascoltano Quagliariello quando specifica che «i 18 mesi decorrono dall’approvazione del ddl, cioè settembre». Scoppia, però, alla Camera, la mina Giachetti. Il vicepresidente della Camera aveva raccolto più di cento firme (trasversali: deputati del Pd, per lo più renziani, ma anche pdl eterodossi come Antonio Martino) per chiedere il ripristino del Mattarellum. Il Pdl attacca il Pd e i grillini pure. Anna Finocchiaro bolla la mozione Giachetti come «atto intempestivo e prepotente». Scatta il pressing dei vertici del Pd sui firmatari. In dodici ritirano le firme, ma Giachetti tiene duro. Il capogruppo democrat, Roberto Speranza, convoca il gruppo ad horas. Molti deputati renziani applaudono e, alla fine, sono ben in 34 (renziani, prodiani, civatiani) i democrat che chiedono di tenere in piedi la mozione. Speranza tuona: «Così si divide il Pd, senza aiutare le riforme né tantomeno il governo. Giachetti deve ritirarla». Parla anche il ministro Dario Franceschini: «Non discutere oggi di legge elettorale non è un modo per eludere il tema, ma per sminare il percorso delle riforme».
VOTO IN ORDINE SPARSO
Niente, Giachetti non demorde. Pian piano che si avvicina il dibattito in aula, però, diversi deputati renziani iniziano a temere che un eventuale strappo venga imputato a Renzi. Risultato, i firmatari pro-Giachetti si dividono in tre: una parte esce dall’aula come Realacci, molti si adeguano alla direttiva del gruppo, in pochissimi votano per Giachetti la cui mozione incassa sì 139 voti favorevoli (contrari 415, una ventina gli assenti) ma sono tutti voti che vengono dai grillini (103 i presenti) e Sel (31) tanto che fonti parlamentari del Pd esultano: «La mozione Giachetti l’ha votata solo Giachetti…».
L’SMS TRA PREMIER E SINDACO
Letta, sul punto, commenta così: «Mettere il carro davanti ai buoi fa deragliare il carro», e ribadisce che di legge elettorale si parlerà dopo, nell’iter delle riforme, ma i suoi sottolineano sia il suo impegno a volerla cambiare, come disse nel suo discorso di insediamento, sia tutte le volte che lui e i suoi network si sono spesi a favore proprio del Mattarellum. Nel frattempo, però, sale anche la tensione tra Matteo Renzi, che attacca il governo («fa melina»), e il premier. Con tanto di sms serale tra i due a chiudere - per ora - il caso.