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Data: 01/06/2013
Testata giornalistica: Il Centro
Contributi ai partiti Stop entro tre anni

Il governo prova a frenare il ciclone dell’antipolitica e annuncia lo stop dei soldi pubblici ai partiti a partire dal 2016. Come aveva promesso Enrico Letta nel suo discorso programmatico, il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge che prevede la graduale abolizione del sistema dei rimborsi diretti ai partiti e introduce un nuovo sistema di finanziamento della politica basato sulle contribuzioni volontarie. «Abbiamo mantenuto la promessa e confido che il Parlamento l’approvi rapidamente» dice il premier, che ringrazia la sua maggioranza per la «coesione» dimostrata e spiega che l’atteso provvedimento serve per ridare «credibilità alla politica». L’abolizione del finanziamento pubblico sarà graduale ed entrerà a regime nel 2017, quando terminerà l’erogazione del rimborso già previsto per le elezioni di quest’anno. Il primo anno la riduzione dei rimborsi sarà al 60% e proseguirà in modo graduale scendendo al 50% il secondo anno e al 40% il terzo. Il provvedimento fissa una serie di regole di trasparenza, di democrazia interna e la presenza di uno statuto, ma anche di bilanci certificati, come condizione per usufruire delle agevolazioni e degli incentivi fiscali. Si tratta di condizioni non per presentarsi alle elezioni (come avevano previsto altre proposte di legge come la Finocchiaro-Zanda) ma solo per usufruire di donazioni dei cittadini e servizi da parte dello Stato. Il finanziamento pubblico sarà sostituito da tre fonti di aiuto: detrazione, libera scelta dei cittadini con il 2 per mille e servizi, come le sedi dei partiti, le bollette telefoniche ma anche gli spazi televisivi. I contribuenti potranno decidere di destinare il 2 per mille delle loro imposte ai partiti, a cominciare dalla dichiarazione dei redditi che faranno nella primavera del 2015. E i partiti che abbiano conseguito nell’ultima consultazione elettorale almeno un rappresentante eletto alla Camera o al Senato, potranno essere ammessi alla ripartizione annuale del 2 per mille. Ma non è tutto. Il disegno di legge prevede l’obbligo per i partiti di dotarsi di uno statuto che risponda a criteri di «democrazia interna» e di « gestione trasparente dei fondi», pena l’esclusione dai benefici fiscali per le donazioni, dal diritto all’uso degli immobili pubblici e dei servizi, e dal finanziamento attraverso la leva fiscale». Per quanto riguarda le detrazioni, il disegno di legge prevede che le erogazioni liberali in denaro, effettuate dalle persone fisiche in favore dei partiti, avranno dall’imposta lorda una detrazione pari al 52% per gli importi compresi tra 50 e 5000 euro e del 26% per importi tra i 5001 e i 20000 euro. Lo stop ai finanziamenti, comunque, non piace a tutti. Il Movimento 5 Stelle dice che il governo è stato costretto a intervenire ma per Beppe Grillo si tratta comunque di una legge truffa: «I soldi escono da una parte e rientrano dall’altra. Il disegno di legge che elimina il finanziamento pubblico ai partiti è una legge-truffa, una presa in giro per i cittadini che continueranno a pagare per far campare i partiti. E l’importo totale a loro disposizione potrebbe addirittura aumentare». Tutto vero? Passa qualche minuto e il ministro delle Riforme, Gaetano Quagliariello, assicura che non è così: «Il tetto massimo che andrà ai partiti per le donazioni volontarie sarà di 61 milioni». Ma le critiche arrivano anche dal Pd e dal Pdl. Lo storico tesoriere dei Ds e oggi parlamentare del Pd, Ugo Sposetti, accusa il governo di «inseguire la demagogia» e fa capire che a pagare il conto saranno i dipendenti dei partiti che guadagnano 1.000-1.500 euro al mese. Di «promessa mantenuta» parla invece Silvio Berlusconi sul suo profilo twitter. Ma in casa Pdl scatta l’allarme rosso e il tesoriere, Maurizio Bianconi, spiega che anche il partito di via dell’Umiltà si trova a fare i conti con spese di gestione, affitti delle sedi e stipendi dei circa 200 dipendenti: «I problemi del Pd sono uguali ai nostri. Vediamo prima quanti soldi ci tolgono e poi decideremo...».

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