L’Organizzazione internazionale del lavoro accusa la riforma Fornero Il ministro Zanonato: sconti fiscali a chi assume giovani a tempo indeterminato
ROMA All’Italia in piena emergenza occupazione servono circa 1.7 milioni di nuovi posti per ritrovare i livelli prima della crisi. Lo ha calcolato l’Ilo, (l’Organizzazione del lavoro delle Nazioni Unite) che ha anche riscontrato un forte aumento dei lavoratori a tempo determinato il cui numero è salito del 5,7%. In pratica nel 2012 il 32% della forza lavoro ha un contratto non stabile: «La percentuale dei contratti a tempo determinato sull’insieme dei contratti precari è probabilmente aumentata a seguito della riforma Fornero», spiega l’Ilo. Aggiungendo che, per creare nuova occupazione, non servono soluzioni come la «staffetta generazionale». Il governo ritiene, secondo anche le dichiarazioni del premier Letta, «prioritario» il problema del lavoro. I dati dell’Ilo arrivano mentre si studiano ricette diverse da quelle indicate nella contestata riforma del governo Monti. Ieri il ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, ha confermato che l’esecutivo lavora «per aumentare il credito alle imprese potenziando il fondo di garanzia e per trovare un modo per ridurre i costi fiscali nel lavoro giovanile, in particolare per chi assume a tempo indeterminato». Posizione che trova il plauso della Cgil con la leader Susanna Camusso che insiste: «Gli incentivi devono premiare chi dà stabilità, altrimenti quelle risorse finiscono per finanziare l’occupazione temporanea» e vanno usati «per favorire la trasformazione dei contratti a tempo in contratti a tempo indeterminato». Dunque, conclude, non serve «rilanciare l’idea di una nuova flessibilità» in ingresso. Su come arginare la disoccupazione dilagante il governo ha fatto filtrare alcune opzioni. Una di queste è legata all’utilizzo dei fondi strutturali europei: dieci miliardi da utilizzare dal 2014. Il ministro Zanonato spiega che il governo nell’immediato pensa a due misure: «Ampliare il fondo di garanzia, cioè consentire a chi vuole un prestito di poterlo ottenere con una garanzia creata da questo fondo. Non ha un costo molto elevato, abbiamo a disposizione un fondo di due miliardi e vogliamo raddoppiarlo. E il costo è di circa il 4%». L’altra ipotesi riguarda direttamente le misure di contrasto alla disoccupazione giovanile. «Abbiamo 2,5 milioni di giovani che in questo momento non lavorano e non studiano - dice il ministro - e hanno perso la voglia di cercar un lavoro. La prima cosa che vorremmo fare è favorire quelle aziende che assumano a tempo indeterminato i giovani, usando meccanismi di sgravio fiscale e stiamo studiando quali siano i meccanismi più efficaci». Si tratta, se attuate, di linee diverse da quelle seguite dal governo precedente che l’Ilo ha individuato come una causa ulteriore di precarietà in Italia. Secondo l’organismo delle Nazioni Unite, la percentuale dei contratti a tempo determinato sull’insieme dei contratti precari sarebbe infatti legata alla riforma Fornero. L’Italia dovrebbe riuscire a creare 1,7 milioni di nuovi posti per ritrovare i livelli di occupazione registrati prima della crisi. L’Ilo spiega che, a partire dal secondo trimestre 2008, l’Italia ha perso 600 mila posti e poichè «nello stesso periodo la popolazione in età lavorativa è aumentata di circa 1,1 milioni, servono all’Italia circa 1,7 milioni di nuovi posti». Ma contestualmente occorrerebbero molti sforzi per incentivare la trasformazione dei contratti a tempo determinati in posti di lavoro fisso. Per fare questo non servono scorciatoie o peggio conflitti generazionali. «I lavoratori giovani non devono prendere il posto di quelli più anziani» nel mercato del lavoro e per questo il governo dovrebbe «individuare altri mezzi». Il no alla staffetta generazionale è chiaro. I giovani non devono puntare a scalzare gli adulti ma godere di un sistema di garanzie per restare sul mercato del lavoro: gli incentivi all’assunzione di giovani più svantaggiati (disoccupati di lunga durata o giovani poco qualificati), borse di formazione e sforzi da compiere per migliorare la corrispondenza delle competenze. E certamente politiche più espansive.