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Data: 04/06/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
«La Consulta su Berlusconi può far saltare il tavolo». Alfano sale al Quirinale e avverte: se dà torto a Silvio è un atto di guerra

ROMA «Il termine è fine giugno, ma se possibile acceleriamo ancora». Dario Franceschini, ministro per i Rapporti con il Parlamento è appena uscito dal colloquio con il Capo dello Stato ha avuto insieme al premier Enrico Letta e al collega alle Riforme Gaetano Quagliariello. Poco dopo varca il portone del Quirinale il ministro dell’Interno e segretario del Pdl, Angelino Alfano. Ufficialmente il colloquio con il presidente della Repubblica è stato chiesto da Alfano per faccende relative al lavoro del Viminale. «C’era da discutere delle conferenza dei prefetti del 13 giugno», spiega uno stretto collaboratore del ministro.
MACIGNO
Complice il calendario, il discorso tra i due sarebbe però subito scivolato su un’altra importante data di giugno, il 19, giorno nel quale la Corte Costituzionale si dovrà pronunciare sul mancato riconoscimento del legittimo impedimento fatto dal tribunale di Milano nel corso del processo Mediaset. Se la Consulta riconoscerà il diritto al Cavaliere, il processo tornerà in primo grado e la prescrizione cancellerà la sentenza di condanna e la pena accessoria dei cinque anni di interdizione dai pubblici uffici che la Cassazione potrebbe invece confermare ad ottobre. Napolitano ha ben chiaro il problema e, raccontano, abbia ascoltato senza fiatare le preoccupazioni espresse dal segretario del Pdl che, reduce dalla due giorni in Sardegna con il Cavaliere, ha solo in parte rappresentato l’attuale umore di Berlusconi. D’altra parte durante i vertici della scorsa settimana in Costa Smeralda si è a lungo ragionato dell’opportunità di un colloquio diretto di Berlusconi con il Capo dello Stato, salvo poi decidere di lasciare ad Alfano, in quanto segretario del Pdl, il compito di spiegare che se il 19 la Consulta «ci darà torto, non potremmo non interpretarlo come un atto di guerra contro lo sforzo di pacificazione che Berlusconi ha voluto in prima persona favorendo la nascita di qusto governo, pur essendo il vincitore morale delle ultime elezioni». I ragionamenti fatti a villa La Certosa da Capezzone, da Verdini e dalla Santanchè, sono riecheggiati ieri mattina in maniera più soft ma con eguale chiarezza. Al punto da preoccupare il capo dello Stato che sulle questioni giudiziarie di Berlusconi si è sempre ben guardato dall’entrare. In verità nel Pdl non c’è ancora chiarezza sulla reazione in caso di condanna, e a coloro che spingono per provocare la caduta del governo viene fatto notare che difficilmente si avranno elezioni subito, che da novembre il Cavaliere non sarebbe nemmeno candidabile e che il M5S potrebbe andare in soccorso del Pd.
PORCELLUM
Resta il fatto che il macigno che da giorni sui giornali si indica, rischia ora di cadere su quel percorso di riforme istituzionali che il governo ha deciso di avviare e di rendere difficile anche l’idea di mettere in sicurezza la legge elettorale. Tutto ciò non può non accrescere la preoccupazione del Capo dello Stato e quella del governo che ieri sera ha risposto anticipando a venerdì il varo del disegno di legge costituzionale che darà il via a quella sorta di nuova bicamerale di 40 componenti, tra Camera e Senato, che dovrebbe mettere nero su bianco il nuovo assetto istituzionale. Si stringono i tempi, quindi, al punto che oggi stesso Letta potrebbe tornare sul Colle per presentare i nomi dei 25 saggi che dovranno affiancare il lavoro della bicamerale. Tra i saggi anche coloro, come Onida, Pitruzzella e Violante, che due mesi hanno lavorato nei due gruppi di lavoro messi su al Quirinale per stilare le urgenze del Paese.
DUBBI
Malgrado i dubbi di Napolitano sul presidenzialismo, il pressing del Capo dello Stato resta comunque costante anche perché ai problemi giudiziari del Cavaliere si sommano le distanze tra i partiti sul modello istituzionale da proporre e lo scontro sul presidenzialismo non promette nulla di buono. L’orizzonte dei diciotto mesi dato da Letta all’intero percorso rassicura quindi sino ad un certo punto proprio perché su forma di governo, numero dei parlamentari e revisione del bicameralismo perfetto, l’accordo è ancora lontano e di fatto non venne trovato nemmeno nella commissione dei saggi che lavorarono al Quirinale subito dopo le elezioni e in piena crisi di governo. Sullo sfondo resta il nodo del Porcellum che la Consulta potrebbe bollare ad ottobre di incostituzionalità e che renderebbe improcrastinabile un intervento del Parlamento.

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