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Pescara, 18/12/2025
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Data: 04/06/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
«Ruby, giudici prevenuti su Berlusconi»

Parola alla difesa nel processo che vede imputato l’ex premier per prostituzione minorile. Ghedini: va assolto, il fatto non sussiste

MILANO Sei anni di carcere per Silvio Berlusconi sono «una richiesta stupefacente». Sia per l’entità della pena, sia per l’assenza di prove. Ciò che muove l’accusa, è convinto Niccolò Ghedini, è esclusivamente la logica del sospetto. «Secondo la procura frugando nella vita del presidente sono usciti tutti i mali, per noi non può che emergere un’immagine positiva nonostante il tentativo di distruggerla». Così l’avvocato dell’ex premier conclude la sua arringa al processo Ruby, chiedendo l’assoluzione per il Cavaliere accusato di concussione e prostituzione minorile. «Se dobbiamo cercare una verità processuale evitiamo che si utilizzi il metodo per cui l’uomo crede più facilmente che sia vero ciò che preferisce essere vero».
«TRIBUNALE PREVENUTO»
L’esordio di Ghedini è decisamente polemico. «Ci domandiamo in che modo rivolgerci a un tribunale che a torto o a ragione consideriamo prevenuto. Nel corso di questo processo abbiamo avuto l’impressione di ingenerare fastidio nel tribunale, mentre analogo fastidio non ci sembra che abbia generato la procura della Repubblica». Per l’avvocato il collegio Ruby denota «vicinanza culturale al sentire della procura, ci sbaglieremo ma questo è il nostro umano sentire». Insomma, un vantaggio competitivo a favore del procuratore aggiunto Ilda Boccassini che nella sua requisitoria si «è basata più su suggestioni che su dati processuali, sulla spettacolarizzazione che sul merito» e da «un pregiudizio nei confronti dell’imputato». Tant’è che, rifacendosi alla prescrizione per il lodo Mondadori, i pm non hanno concesso a Berlusconi le attenuanti generiche. «Ma poiché i ricordi possono essere parziali, allora rammentiamo l’assoluzione nel processo Sme Ariosto».
NIENTE SESSO CON KARIMA
Il legame tra il Cavaliere e Karima, diciassettenne ai tempi delle feste, è uno dei cardini della difesa. «Testimonianze, intercettazioni, sms sono prove convergenti che mai ci sono stati rapporti sessuali tra Ruby e Berlusconi», afferma Ghedini. E sono ben «cinquanta i testimoni che dicono tutti le stesse cose» sulle serate a villa San Martino, cioè che si trattasse di amabili convivi. «Sono fatti oggettivi e il resto è fantasia. Ma per la procura i testi che dicono qualcosa di sgradevole sull’onorevole Berlusconi sono credibili, tutti gli altri no». Le ragazze che hanno riferito di danze erotiche e palpeggiamenti sono passate «da escort a vittime, mentre le testimonianze che non collimano con la ricostruzione accusatoria sono inattendibili perché pagate». Ghedini sostiene che un particolare sfugge ai magistrati: «Tutti questi testi erano pagati già prima e l’aiuto economico è semplicemente continuato». Quanto a ciò che accadeva ad Arcore, «qual è per la procura il canone di serata impeccabile? Quella in cui si chiacchiera e basta? Per un presidente del consiglio è più pericolosa una cena scollacciata o una in cui dà giudizi su altri politici?». Dai telefonini e dai pc sequestrati alle ragazze, insiste, non sono spuntate foto nè filmati compromettenti, «al massimo la Guerra con il cappello da cow boy». E l’insistenza sulla statuetta fallica di legno, «che con questo processo non c’entra nulla», fa parte della «ricostruzione psicologica e morale che voi volete fare della figura di Silvio Berlusconi».
«GESTO UMANO»
E poi c’è l’accusa di concussione. «Secondo la procura l’allora presidente del Consiglio avrebbe abusato della sua qualità di pubblico ufficiale per sottrarre Ruby all’autorità. Non si riesce a capire da quale autorità, dal momento che Ruby non doveva essere arrestata né portata in carcere». Il comportamento del Cavaliere, afferma Ghedini, «non può essere considerato un reato contro la pubblica amministrazione. Si può dire che agì per umanità».

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