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Data: 05/06/2013
Testata giornalistica: Il Centro
Riforme, Epifani frena e avvisa il Pdl. Il segretario cerca di ricompattare il Pd e conferma il congresso entro il 2013. «Se si fa saltare il governo reagiremo»

ROMA Guglielo Epifani frena sulle riforme istituzionali che rischiano di spaccare il partito e rinvia la decisione finale al «coinvolgimento degli iscritti». Conferma che il congresso si svolgerà «nei tempi previsti», entro fine anno, e «dal basso» come avevano chiesto a gran voce i ragazzi di OccupyPd. E avvisa Silvio Berlusconi, sospeso alle sentenze, con le sue posizioni alterne tra «stabilità e minacce nel rapporto con il governo» e il problema «dell’affidabilità nel rapporto tra problemi personali e interessi del Paese»: «Siamo pronti a tutto se dovesse prevalere negli altri a decisione di far saltare il tavolo». E conferma: serve la legge sul conflitto di interessi. Ma Quirinale e governo, dice, «devono essere lasciati fuori dalla mischia», per non restare indietro con il lavoro: «La nostra idea di governo di servizio e il bisogno di riforme richiedono un impegno di due anni» sottolinea. È un difficile gioco di equilibri per il segretario reggente la direzione che si svolge in via Sant’Andrea delle Fratte sotto l’assedio dei giornalisti, ma senza la diretta streaming, scelta dei vertici che a qualcuno fa storcere il naso, come a Pippo Civati, che affida al web le informazioni sull’andamento della «direzionissima». Epifani vuole che il partito serri le file attorno ai candidati che si preparano ai ballottaggi nei Comuni, e per questo cerca di mettere insieme le troppe anime di un partito che, dice, deve essere curato «per farlo uscire dalle sue difficoltà e farne una forza politica aperta, anche se leggera». Un partito, dice, che avrebbe fatto meglio ad andare al voto nella primavera del 2012, prima di affidarsi alla «terapia» di Mario Monti. È un compito difficile quello di Epifani, da realizzare in meno di sei mesi con una nuova segreteria di quindici componenti in cui sono rappresentate tutte (o quasi) le anime di un partito sfilacciato e in cui entra, tra gli altri, Luca Lotti, braccio destro di Matteo Renzi. Al suo arrivo il sindaco di Firenze taglia corto: «La mia candidatura? Ci sono questioni più importanti per il Paese» dice. In direzione tace. Ogni giorno si aprono nuovi fronti interni, ultimo è quello delle riforme. La spaccatura è visibile: all’ingresso in direzione, si dice contrario al semipresidenzialismo il sindaco di Bari Michele Emiliano, mentre Paolo Gentiloni si schiera per il sì. Durante i lavori, raffica di interventi contrari: dicono no Walter Tocci, Giovanni Bachelet, l’eurodeputato Roberto Gualtieri, mentre oggi un gruppo di deputati Pd (Peluffo, Martella, Giachetti, Gozi, Misiani primi firmatari) illustreranno la proposta di legge costituzionale già presentata nella precedente legislatura che prevede, tra l’altro, l’elezione diretta del capo dello Stato. Su questo Epifani è chiaro: «Fermiamoci un attimo, senza cadere in una spirale che non ci porterebbe a fare le riforme o a non farle al meglio». Le proposte del Pd, ricorda, sono già depositate, «da lì comincerà il lavoro». Lo scontro, dunque, si sposta in avanti. Al «seminario» in cui se ne discuterà, per poi passare in direzione e quindi al coinvolgimento degli iscritti. «Non sono ostile al semipresidenzialismo – sottolinea il segretario – è complesso, ma non è il diavolo». Ma districare il nodo delle riforme, forse, spetterà al successore. A Epifani tocca invece condurre il partito al congresso «per rilanciare la visione e l’identità dei democratici italiani». Il primo passo è la formazione della Commissione congresso, che la direzione approva assieme alla relazione del segretario (sei astenuti) e a cui spetterà disporre le modalità per cambiare lo statuto. I punti centrali: separazione dei ruoli di capo della coalizione e di segretario, congressi locali prima del congresso nazionale, organismi più snelli. Tutto entro i tempi dati, fine 2013. Un periodo entro il quale bisognerà fare molte cose: misure per il lavoro, «correggere» il ddl che taglia i finanziamenti ai partiti «prevedendo un tetto per le donazioni e modificando il sistema del 2 per mille», evitare l’aumento dell’Iva e aggiustare il tiro sull’Imu: «Non capisco perché togliere l'Imu sulla prima casa a chi la può pagare».

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