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Data: 05/06/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Allarme Cgil: precari a quota 3,3 milioni

ROMA Un Paese sempre più povero, dove dilagano disoccupazione e precariato. E dove il welfare sta pericolosamente franando mettendo a rischio la tenuta sociale. È un’Italia seduta su una «bomba ad orologeria» quella descritta nel Rapporto 2013 sui diritti globali curato dalla Cgil presentato ieri. Il volume passa al setaccio vari aspetti, economici e politici, di questa fase storica documentando un Paese ferito in profondità, con consumi in discesa e famiglie impossibilitate a far fronte ai costi di cure ed esami diagnostici, a pagare le bollette, a riscaldare l’abitazione, con povertà e rischio di esclusione che riguarda un quarto della popolazione. In testa alle ingiustizie, il dramma dei precari. Sono ormai 3,3 milioni e guadagnano in media 836 euro netti al mese (927 euro mensili per i maschi e 759 euro per le donne). Solo il 15% è laureato e la pubblica amministrazione è il loro principale datore di lavoro. C’è poi la miseria delle pensioni. Basti pensare che su un totale di 16,7 milioni di pensionati italiani, il 13,3% riceve meno di 500 euro al mese; il 30,8% tra i 500 e i 1.000 euro, il 23,1% tra i 1.000 e i 1.500 euro e solo il restante 32,8% percepisce un importo superiore ai 1.500 euro.
SEMPRE MENO WELFARE

In sostanza, quasi otto milioni di pensionati percepiscono meno di 1.000 euro mensili, oltre due milioni meno di 500 euro. In un quadro così incerto, i tagli alla salute operati negli ultimi anni vengono considerati «una condanna a morte per i più poveri». Si parla di 30 miliardi di euro sottratti in un momento in cui «anche le risorse destinate all’inclusione sociale sono rimaste tra le più basse d’Europa». Così il rapporto rimprovera i vari governi che si sono succeduti di non aver prestato ascolto «alla disperazione individuale e neppure della protesta sociale ed elettorale» auspicando un nuovo modello di sviluppo che cancelli la «scelta paradossale» di aver inserito il pareggio di bilancio nella Costituzione italiana. Tagli che molti italiani non possono permettersi perché così ci sarà meno welfare e i bisognosi diventeranno sempre di più.
PIÙ POVERI

L’indagine evidenzia l’aumento delle persone a rischio povertà e della deprivazione materiale (+4,3% dal 2010 al 2011). Nei primi nove mesi del 2012 le famiglie indebitate sono passate dal 2,3% al 6,5% e il Paese ha speso poco più dell’1% del Pil per i nuclei con minori. Nel triennio 2010-2012 il welfare è stato la «vera vittima sacrificale dell’economia italiana», sostiene il rapporto. A partire dal 2012 a pagare i tagli in modo incisivo sono stati i trasferimenti agli enti locali e dunque il welfare (meno 2,2 miliardi nel 2013). Così, nel 2010-2011 i bambini di età 0-2 anni che hanno la possibilità di frequentare un servizio pubblico per l’infanzia non superano l’11,8% (solo +3% sul 2004). E in questo clima, l’impoverimento degli italiani ha galoppato: il 60,6% è costretto a metter mano ai propri risparmi per arrivare a fine mese, il 62,8% ha grandi difficoltà ad arrivarci e quasi l’80% non è riuscito ad accantonare un euro.

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