ROMA Un disavanzo di oltre 7 milioni. A tanto ammonterebbe il deficit accumulato nel 2012 dal Pd secondo quanto anticipato dall’Espresso che ha potuto visionare in anteprima il bilancio del partito. Un “buco” giustificato con il taglio al finanziamento pubblico ai partiti, ma in cui la fetta maggiore di spese sarebbe da attribuire alle spese di “propaganda e comunicazione politica”. Nel servizio dell’Espresso di Cristina Cucciniello che sarà domani in edicola si fa una radiografia del partito di Bersani. 8.946.199 sono gli euro destinati nel 2012 alle spese elettorali, di propaganda e comunicazione politica. La stessa voce, nel 2011, prevedeva circa il doppio, 16. 312.664 euro, mentre nel 2010 era ancora più alta: 20.044.676,13. Leggermente aumentata, per contro, la spesa per manifestazioni ed eventi: 752.596 euro nel 2012, a fronte di 751.660 nel 2011. Insomma, una spending review altalenante, se si tiene conto che – nonostante l’intento di procedere a un drastico piano di rientro, dovuto alla riduzione dei contributi pubblici per 28.740.083 euro – il Pd ha messo in piedi ben 15 feste nazionali tematiche più l’annuale festa nazionale a Reggio Emilia ed ha sostenuto, come negli anni precedenti, l’attività delle due società controllate al 100%. Con Eventi Italia Srl – la società che provvede alla diffusione via satellite e web del canale tv “Youdem.tv” - il Pd ha un debito di 193.600, mentre con Eventi Italia Feste srl – la società che organizza eventi e manifestazioni – ha crediti per 320.000 euro e debiti per 42.000. Ma sono partite di giro: le società sono interamente del partito, che paga se stesso. A fronte delle spese, il Partito Democratico ha messo in cassa 37.509.616 euro di contributi pubblici a vario titolo, tranche di rimborsi elettorali per le politiche 2008, le europee 2009 e le regionali 2010. 4.836.518 sono stati i contributi provenienti dai parlamentari, la “mesata” versata al partito dagli eletti Pd, come da obbligo statutario: una cifra variabile dai 42.000 annui dell’onorevole Guido Melis ai 6.000 del collega Mario Adinolfi, e che si attesta su una media di 18.000 annui. Cifre cui si aggiungono i 3.003.323 del tesseramento, all’interno dei 3.439.040 delle elargizioni provenienti da persone fisiche e giuridiche. Ma questi denari non sono bastati, se il Partito Democratico ha dovuto stringere la cinghia, ripromettendosi di mollare le sedi superflue, come la sede in via del Tritone 169, sulla quale pesa una fideiussione di 156.000 euro e un contratto di fitto in scadenza solo a fine 2015, e se presso la Banca Popolare di Milano – della quale è stato presidente fino al 2011 Massimo Ponzellini – c’è ancora un pegno per 500.000 euro, a garanzia di un finanziamento erogato dalla Banca a favore della Società Nuove Iniziative Editoriali Spa, l’editrice del quotidiano l’Unità. E se, soprattutto, il personale rischia la cassa integrazione: 174 dipendenti, 17 giornalisti, 13 collaboratori e perfino un borsista. Troppo poco, per scongiurare la Cigs e per non diffondere, fra i funzionari, un dubbio: la necessità di una spending review era nota fin da luglio 2012, perché il Pd non ha provveduto ad accantonare un fondo di garanzia per tutelare il personale?