Il segretario Cgil a RadioArticolo1. "L'accordo è un segnale di democrazia, va esteso a tutte le associazioni d'impresa". Sui precari: "Non aspettiamoci leggi salvifiche". L'idea di diminuire le disuguaglianze "non è condivisa da tutto il governo"
Rappresentanza, Camusso: «Voltiamo pagina»
"Di buono ci sono due cose fondamentali. In primo luogo, nella situazione molto difficile del nostro paese, dopo tantissimi anni siamo riusciti a costruire la rappresentanza sociale coniugandola con la partecipazione: è un segnale generale per la democrazia del paese". Sul piano sindacale, "voltiamo pagina e passiamo a misurare concretamente chi rappresenta chi, quali sono i rispettivi compiti. I contratti si fanno con le organizzazioni rappresentative e col voto dei lavoratori". È la sintesi del segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, che ai microfoni di RadioArticolo1 ha spiegato i dettagli dell'accordo sulla rappresentanza siglato nei giorni scorsi tra le parti sociali. "Spesso abbiamo detto che servono regole vincolanti e effettive, qui le abbiamo definite". Il limite, al momento, è che l'accordo è stato solo con la Confindustria, mentre andrebbe "esteso a tutte le tutte le altre associazioni d'impresa".
La soluzione ideale da sempre sostenuta dalla Cgil, aggiunge il segretario generale di Corso d'Italia, è applicare l'articolo 39 della Costituzione, quello sui sindacati. Si può ipotizzare un percorso "equivalente a quella che portò allo Statuto dei lavoratori", nel senso che ci si può arrivare "solo da una serie di esperienze condivise tra le parti", un po' come è accaduto al recente protocollo che ha preso le mosse da quanto si è fatto nel pubblico impiego.
In ogni caso, siamo di fronte a un accordo che da più parti è stato definito 'storico'. Se fosse esistito, si poteva evitare il caso Pomigliano? "Sul piano del diritto - osserva Camusso - la rottura non si sarebbe determinata, perché ci sono regole sul ruolo delle Rsu anche nel secondo livello. la trattativa sarebbe andata in modo diverso". Certo, osserva, quella vertenza "è stata segnata da una scelta dell'impresa di auto-attribuirsi la decisione di quali sono le organizzazioni rappresentative. Non bisogna sottovalutare che ogni volta la Fiat sceglie di scappare dalle regole, fino a uscire dalla Confindustria con un atteggiamento di insofferenza".
All'obiezione sul fatto che potrà contrattare solo chi firma un accordo, questione sollevata dai sindacati autonomi, "non è vero che sono esclusi", osserva Camusso. "L'accordo del 1993, quello che regola le Rsu, ha esattamente lo stesso schema di questo, ed è un meccanismo che ha funzionato. Usb, Cobas, Fismic e altre sigle, le Rsu ce l'hanno, dove prendono i voti. Anzi, qui si registra un avanzamento: non ci sono più quote riservate ai sindacati confederali". Non c'è dubbio, aggiunge poi la dirigente sindacale, sul fatto che la crisi ha contribuito a questo protocollo, nel senso che "tutti si sono resi conto che la divisione è segno di debolezza: non è un caso in questi anni abbiamo fatto decine di migliaia di accordi difensivi per contenere le difficoltà".
Ora il clima con le imprese è buono, anche se il Piano del lavoro Cgil e quello delle imprese non sono certo uguali. "Entrambi - osserva Camusso - puntano sul manifatturiero, ma ci sono distanze. Non deve stupire che le proposte dei sindacati siano diverse da quelle della Confindustria, dire 'siamo tutti nella stessa barca' non corrisponde a condizioni equivalenti. È evidente a tutti che il problema è far ripartire il mondo del lavoro, ma le imprese hanno un atteggiamento difensivo: dicono che per la produttività bisogna lavorare di più, mentre per noi non è così, il punto è la mancanza di innovazione. Poi ci sono anche temi su cui costruire soluzioni, come il fisco, ma il conflitto capitale-lavoro non lo abroga nessuna".
L'intesa tra le parti sociali sociali, però, copre solo chi ha un contratto. E chi è fuori? "Come Cgil abbiamo avviato una discussione sulla contrattazione inclusiva", spiega Camusso: "Sappiamo che i ccnl coprono più o meno la metà dei lavoratori privati" e dunque non i diritti di tutti i lavoratori. "Però - sottolinea - non si può demandare tutto solo alla legislazione: bisogna riaffermare il potere della contrattazione, il secondo livello deve essere il luogo in cui copriamo anche gli 'invisibili'. Abbiamo cominciato con alcune sperimentazioni, non possiamo attenderci su questo una legge 'salvifica' che non vediamo all'orizzonte".
Camusso ha poi ricordato la manifestazione nazionale di Cgil, Cisl e Uil il 22 giugno a Roma: "La situazione del paese continua a drammatizzarsi. Bisogna avere la costanza quotidiana di rimettere al centro il tema del lavoro. Anche perché ci sono modelli differenti di uscita da crisi, e quella di diminuire le disuguaglianze non è condivisa da tutto il governo, lo abbiamo visto nel dibattito sull'Ilva di Taranto, anche se poi è stato avviato un tavolo sulla siderurgia".