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Data: 09/06/2013
Testata giornalistica: Il Centro
«Aumento dell’Iva, possibile il rinvio»

Il ministro Lupi: forse proroga a dicembre. Saccomanni: «Ridurre tasse su imprese e lavoro, pronti a liberalizzazioni»

ROMA Dopo l’Imu il governo si prepara a congelare l’altra imposta in cui rischiano di impantanarsi i consumi residui degli italiani. L’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, che dovrebbe scattare a luglio, potrebbe infatti scivolare a dicembre, allontanando lo spettro di una ulteriore stangata sugli italiani: la ricaduta, secondo le microimprese di Comitas, sarebbe di 349 euro a famiglia, di poco superiore a 100 euro per Cgia di Mestre (103) e Confcommercio (130). Ad annunciare il possibile rinvio a fine anno è il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi: «Stiamo lavorando per non aumentare l’Iva, quindi l’ipotesi di slittamento è plausibile. Il governo ha due obiettivi – sottolinea – il primo era eliminare l’Imu sulla prima casa, e ci siamo dati tempo fino al 30 agosto, il secondo era evitare l’aumento dell’Iva, la priorità è ridare slancio alla crescita». Da Firenze Enrico Letta conferma, con formula dubitativa: «Faremo di tutto per evitare l’aumento, ma non lo decidiamo noi: quell’aumento nasce nel 2011, e tra i poteri del governo non c’è quello di stampare moneta». Allo stesso modo, il premier ribadisce l’impegno per la riforma dell’Imu: «Ho preso impegni che intendo mantenere, ma senza sfasciare i conti pubblici» chiarisce, mentre non passa giorno senza nuove proteste per il peso delle tasse: la Federazione dei pubblici esercizi (Fipe), denuncia che la scelta quasi generalizzata dell’aliquota massima dell’Imu da parte dei Comuni costerà a bar e ristoranti oltre 300 milioni, con un imposta media di 1.040 euro contro i 388 della vecchia Ici. A sentire il ministro dell’Economia, l’esecutivo marcia a tappe forzate per ridare fiato all’economia reale: «Dobbiamo ridurre le tasse sulle aziende e sul lavoro – dice Fabrizio Saccomanni – Le risorse le dobbiamo trovare tagliando le spese, i sussidi e gli incentivi, in passato troppo generosi». È solo uno dei terreni d’azione: «Dobbiamo lavorare anche sulle liberalizzazioni: il governo presenterà misure a breve» fa sapere. Novità, spiega, che avranno anche lo scopo di «consolidare il sistema delle aziende perché troppe imprese non hanno capitali sufficienti per competere sui mercati internazionali». Ma le misure per alimentare la crescita, sottolinea, non devono far scivolare indietro l’Italia, il rigore nei conti va rispettato: «Vogliamo rimanere al di fuori delle procedure per deficit eccessivo e non vogliamo tornare al di sopra del 3%» sottolinea il ministro parlando, a Venezia, al Consiglio Italia-Usa. «Ci sono margini: alcuni li abbiamo usati per pagare i debiti della Pubblica amministrazione, e stiamo facendo proposte per rivitalizzare la crescita prendendo risorse da altre voci». Ma per Saccomanni anche l’Europa deve muoversi per stimolare la crescita: «Si è fatto troppo poco», e se il mercato delle esportazioni si contrae dappertutto «anche il modello di crescita tedesco non è sostenibile». Ma le politiche monetarie adottate dalla Banca centrale europea, sostiene, «ridurranno i rischi di grandi disastri in una crisi «più complessa di quella del 1929». Venerdì prossimo, a Roma, i ministri dei principali Paesi europei si vedranno per discutere di ripresa e occupazione giovanile prima dell’incontro del Consiglio, a fine giugno. Un incontro, al quale, sostiene Saccomanni, è importante arrivare «con una posizione comune».

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