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Pescara, 18/12/2025
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14/06/2013
Il Messaggero
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Legge elettorale, niente incompatibilità. Regione, si blocca tutto niente variazioni. Vale la norma approvata a febbraio. Caccia al colpevole, scaricabarile tra Pd e Pdl |
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L’AQUILA Si voterà con la legge elettorale approvata due mesi fa. Alla faccia della doppia preferenza di genere, promessa alle donne e poi ritrattata. Niente incompatibilità tra assessore e consigliere, niente collegio unico regionale, niente corsia preferenziale per le donne nè possibilità per i sindaci e presidenti di Provincia di candidarsi senza sottoporsi alle dimissioni preventive del 14 luglio. Non ci sarà consiglio regionale straordinario nè la possibilità di parlarne in aula: la conferenza dei capigruppo di ieri mattina a Pescara finisce in una bolla di sapone. Alle 12.30 uno scarno comunicato annuncia che le modifiche proposte nelle ultime settimane «non verranno portate all’esame dell’aula». Dopo un confronto tra i capigruppo, la Conferenza dichiara chiusa «la questione». Meno male però che nei prossimi giorni il presidente Chiodi «comunicherà la data delle elezioni». E subito si scatena la caccia al colpevole: Riccardo Chiavaroli che nei giorni scorsi con un gruppo di consiglieri e di assessori dissidenti aveva chiesto chiarezza al Pdl, punta il dito sul Pd: «Devo prendere atto con serio rammarico che l’ostinazione del Pd ha impedito la convocazione del consiglio regionale per discutere di riforme elettorali. Dibattere e decidere è sempre preferibile al silenzio e all’inerzia. Personalmente avrei voluto battermi in aula per il collegio unico regionale, le preferenze multiple di genere, l’incompatibilità a costi invariati, la possibilità per i sindaci di potersi candidare. Chi si è opposto alla discussione pubblica ha fatto un danno ai cittadini». Ma i termini della questione non stanno proprio così. Il dibattito in aula non ci sarà perchè il Pdl voleva l’accordo preventivo nella conferenza dei capigruppo, per non rischiare di perdere la faccia da solo davanti ai cittadini: la legge sulle incompatibilità, al di là dei discorsi sulla governabilità, consente di aumentare il numero dei consiglieri da 31 a 36, aggirando così la legge Monti e i tanto sbandierati tagli ai costi della politica. Chiaro che il Pdl non abbia voglia di finire nel tritacarne mediatico da solo alla vigilia della campagna elettorale. Venturoni lo ha ammesso: «Vogliamo l’accordo prima, se non c’è amen». Camillo D’Alessandro esulta: «Considero la conclusione di questa vicenda un servizio reso agli abruzzesi da parte del Pd». Ma a parte gli evviva, il capogruppo Pd sottolinea giustamente che Chiodi e il Pdl «hanno avuto quattro anni e sei mesi per fare una legge elettorale per poi arrivare all’ultimo giorno utile per capire che la legge appena approvata non andava bene e ne volevano riscrivere addirittura un’altra nelle ultime 24 ore utili. Dilettanti totali e ora a pagarne le conseguenze saranno i sindaci». Anche Acerbo (Rifondazione) considera una vittoria «l'aver impedito l'inciucio sull'aumento dei consiglieri: era una misura talmente fondamentale per garantire la governabilità che ci hanno rinunciato appena ho posto la questione che si coprissero i maggiori costi diminuendo le indennità». Le vere vittime di questa decisione però, sottolinea Acerbo, sono le donne.
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