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Data: 15/06/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
D’Alfonso ancora assolto. In Appello la vicenda del concorso in Comune per il dirigente Dezio. Dopo la rinuncia alla prescrizione formula piena per l’ex sindaco

Rinuncia alla prescrizione, si fa giudicare nel merito e viene assolto dai giudici della Corte d’appello dell’Aquila con la formula piena. Dopo l’assoluzione nel lungo e complesso processo per le presunte tangenti nei grandi appalti al Comune di Pescara e il proscioglimento in udienza preliminare dalle contestazioni legate alla gestione dell’urbanistica, per l'ex primo cittadino di Pescara Luciano D’Alfonso è arrivata ieri la terza assoluzione riguardante la sua attività di sindaco, quella per il concorso a dirigente vinto da Guido Dezio, per il quale in primo grado era stato condannato a quattro mesi di reclusione per abuso d’ufficio. È il procedimento meno pesante dal punto di vista dalle imputazioni, ma è proprio da questo caso che prese il via la stagione delle inchieste a carico di Luciano D’Alfonso che poi sfociò con l’arresto per l’inchiesta Housework, le ovvie dimissioni da sindaco, il sequestro della villa di Lettomanoppello.
Il Pm Paolo Pompa fu il primo a mettere sotto inchiesta l’ex sindaco sul presupposto che avrebbe favorito la scalata del suo stretto collaboratore, braccio destro nel partito della Margherita alla dirigenza del Comune che D’Alfonso guidava in quel periodo: per aver assegnato a Dezio funzioni da dirigente comunale senza procedere a un bando pubblico, procurandogli così un vantaggio patrimoniale. Dezio, nel corso dell’udienza preliminare, aveva scelto la strada del rito abbreviato e venne condannato dal gup a quattro mesi di reclusione. Fece ricorso in appello e dopo un lungo lasso di tempo, i giudici aquilani decretarono la sua assoluzione dal reato di falso: perché il fatto non sussiste, facendo così cadere ogni teorema accusatorio. Nel frattempo D’Alfonso venne rinviato a processo e si sottopose al giudizio del collegio presieduto da Carmelo De Santis che lo condannò a quattro mesi di reclusione per abuso anche se venne assolto per tutti gli altri capi di imputazione, quelli che effettivamente erano legati al concorso. Una condanna che arrivava quando il reato era ormai alle porte della prescrizione e così, quando venne presentato il ricorso in appello, D’Alfonso avrebbe potuto beneficiare dell’estinzione del reato. Ma l’ex sindaco ha preferito rinunciare a quella prescrizione, anche per motivi legati alla volontà di tornare sul ring della politica, e decise di farsi giudicare nel merito. Ed ecco per lui che arriva la sentenza di assoluzione con la formula piena: perché il fatto non sussiste. Così, come è accaduto nel frattempo per il processo Housework e per il procedimento sull’urbanistica, che addirittura non ha superato lo scoglio dell’udienza preliminare. Restano in piedi inchieste per due fatti minori e non collegati al mandato da sindaco.
«L’assoluzione di Luciano D’Alfonso - scrive Moreno Di Pietrantonio a nome del gruppo consiliare del Pd - restituisce, ormai senza alcun dubbio ulteriore, tutta la dignità allo straordinario percorso amministrativo del primo e del secondo governo D’Alfonso, al quale tanti di noi hanno partecipato con entusiasmo e amore per la città». Un percorso politico stroncato da quell’arresto che provocò un cambio di guardia alla guida della città con l’arrivo, sulla poltrona di primo cittadino, di Luigi Arbore Mascia, esponente del centrodestra.

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