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Data: 16/06/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Sentenza della Consulta. Berlusconi fa i conti: «Contro di me 11 giudici»

ROMA Il partito? Sì, è da rifare. E intanto, tra falchi e colombe, tra ”amazzoni” e ”parrucconi”, tra svoltisti (quelli e quelle favorevoli alla nuova Forza Italia tutta imprenditori, società civile e volti giovani e belli) e partitisti (ex An e vecchia guardia), tra tiepidisti (nei confronti dell’esecutivo Letta) e governativi, Berlusconi fa il pendolo o il mediatore o meglio: pensa ad altro, per il momento. Ai processi. Il resto può attendere e per rifare il partito - così la pensa - c’è tempo mentre per salvarsi dai giudici il momento è questo. Ghedini è il più consultato in queste ore di (si fa per dire) relax.
LA TABELLINA

E chi ci parla, in questo week end, racconta di un Cavaliere più pessimista che ottimista. Di un Berlusconi che fa i calcoli sul voto dei giudici costituzionali mercoledì - il D-Day sul legittimo impedimento e quindi sulla condanna che potrà essere confermata in Cassazione - e questi conti a proposito di una decisione «squisitamente politica» dicono così: i quindici giudici costituzionali sono quattro pro Cavaliere e undici no. Dunque? Lui si dice: «Pessimista». Tra i suoi gira voce che il relatore di questa materia presso la Consulta, il giudice Cassese, sia tra gli anti-Cavaliere. E comunque, questa la sensazione alla corte berlusconiana, Napolitano potrebbe forse fare di più in favore di Berlusconi, proprio alla luce del fatto che la decisione di mercoledì è appunto «squisitamente politica». Ma che cosa può fare Napolitano? E davvero quattro degli undici anti-Cav potrebbero cambiare parere - ammesso che i conti che girano sono giusti - e dare così la salvezza all’ex premier? Il ribaltone è sperato, ma non ci si spera tanto. E chissà, all’indomani del verdetto, se sarà negativo, come cambieranno - se cambieranno - i rapporti tra il capo del Pdl e il Quirinale su cui in analoghe vicende Berlusconi ha fatto grande affidamento.
IL DOPO
La chiusura di questa fase processuale - prima il verdetto della Corte Costituzionale, poi la sentenza del processo Ruby e infine il pronunciamento della Cassazione sul risarcimento a De Benedetti per il lodo Mondadori - è propedeutica a qualsiasi discorso sulla riorganizzazione del partito. Sulla svolta imprenditoriale - quella dei manager-coordinatori regionali che oltre ai voti devono portare i soldi al Pdl senza più finanziamento pubblico - si registrano più frenate che accelerazioni. E il Cavaliere sta a guardare i suoi che si scannano. Anche se nei prossimi giorni incontrerà Gianfranco Rotondi il quale, da co-fondatore del Pdl, ha già riunito un pool di avvocati per una battaglia sul simbolo che a suo parare deve restare a disposizione di un centrodestra costola del Ppe e non a un movimento-aziendal-imprenditoriale come quello vagheggiato in queste ore.
E comunque, l’esito negativo della decisione di mercoledì non avrà conseguenze immediate sul governo. Perchè la linea del Cavaliere è questa: strattonarlo ma non cannoneggiarlo. «Ora è l’unico possibile», ripete l’ex premier. Il quale condivide la gioia espressa ieri sera da Schifani a proposito del cosiddetto decreto del fare partorito da Palazzo Chigi, ma agli occhi del Cavaliere si può fare di più: «Pungoliamolo in continuazione. Sul fisco servono risposte ancora più decise». Intanto, da lontano, Berlusconi s’informa sugli annusamenti tra Pd e 5 Stelle. E Daniela Santanchè: «Non andranno da nessuna parte». Ma non è detto che a Berlusconi, se le cose processuali non andranno troppo male, non faccia gioco che siano i democrat a creare ammuina.

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