ROMA. «Che fai, mi cacci?». La frase è la stessa. Quella di sempre. La disse Fini a Berlusconi e fu scissione nel Pdl. La dirà oggi Adele Gambaro a Grillo, e difficilmente finirà diversamente. Il leader 5Stelle ha deciso la linea dura. Oggi i duri e puri chiederanno che la proposta di espulsione della senatrice venga girata al web per decidere online il destino della dissidente che ha osato criticare il capo chiamandolo in causa per il tonfo alle amministrative. Insomma, saremo pure al 57 esimo posto per libertà di stampa (dopo Botwana e Niger), come spesso ricordano i 5Stelle ai giornalisti, ma quello che sta accadendo in queste ore dentro il MoVimento non è quel che si dice un fulgido esempio di democrazia interna e trasparenza. Basti pensare cosa è successo ieri.
OBBLIGO DI SMENTITA
È bastato che un giornale (La Stampa) pubblicasse l’elenco verosimile dei possibili scissionisti perché ai diretti interessati di prima mattina arrivasse un sms dall’Ufficio comunicazione: «Siete d’accordo se smentiamo ufficialmente?». In atre parole: resti o te ne vai? Un paio d’ore dopo l’elenco dei supposti dissidenti era sul blog grillino. Il post, che peraltro offriva la possibilità di linkare direttamente l'articolo “incriminato”, era titolato: «La stampa fa schifo». A seguire i 12 nomi e la richiesta di rettifica sottoscritta.
PRAVDA2.0
Che l’aria si fosse fatta pesante lo si intuiva ieri dalla quantità di telefonini spenti e di parlamentari irrangiungibili. Un silenzio irreale. «Roba che neanche la Pravda 2.0 avrebbe mai chiesto qualcosa del genere, smentire le supposizioni di un giornalista», commenta un esponente 5Stelle che si scusa per l’anonimato («non vorrei ssere processato per direttissima», scherza ma mica tanto).
L’INVITO DI INGROIA
Di «processo» vero e proprio si tratterà oggi pomeriggio quando i parlamentari 5 Stelle si riuniranno alle 18 alla Camera. Sul banco degli imputati la senatrice bolognese chiamata a spiegare perché abbia preferito esprimere tutto il suo malessere nell’intervista concessa a SkyNews 24 senza averne mai parlato prima. La tesi di Grillo e Casaleggio è che si tratti di un complotto, «una campagna acquisti» da parte di Pd e Sel. Che la manovra sia orchestrata da Giovanni Favia e Sonia Alfano, due «dissidenti» di vecchia data. All’arruolamento dei ribelli non sarebbe estraneo l’ex magistrato Antonio Ingroia. «Conosco molti parlamentari del Movimento Cinque Stelle e molti di questi hanno un'idea della politica diversa da Grillo e da Casaleggio», è uscito allo scoperto Ingroia tornando a chiedere ai grillini di aprirsi al confronto per creare «un fronte ampio e civile». «Grillo e Casaleggio - ha ribadito l’ormai ex magistrato - hanno portato questo movimento in una situazione di isolamento e autoreferenzialità e io confido in quei parlamentari e soprattutto nei tanti militanti ed elettori che credono che invece il movimento debba confrontarsi e uscire dall'angolo». E anche Antonio Venturino, vice presidente vicario dell’Ars siciliana invita i ribelli: «Aderite al mio movimento». C’è aria di nuovo gruppo.