ROMA Oggi la Consulta si pronuncerà sul ricorso avanzato dalla difesa di Silvio Berlusconi nel processo Mediaset per conflitto di poteri contro il tribunale di Milano che negò all’allora premier il riconoscimento del legittimo impedimento. Una sentenza che potrebbe sminare il percorso giudiziario del premier se il ricorso venisse accolto, condannando di fatto il processo in cui il Cavaliere è già stato condanna to in primo e secondo grado per frode fiscale, a prescrizione certa. O, al contrario, spianare la strada alla sentenza in Cassazione, attesa per la fine dell’anno, con relativa interdizione dai pubblici uffici. Con un verdetto negativo, infatti, si profilerebbe un vero e proprio «ergastolo politico», come lo chiamano i fedelissimi, visto che il leader azzurro non solo decadrebbe dalla carica di senatore, ma non potrebbe presentarsi alle elezioni politiche né, tanto meno, per la carica di presidente della Repubblica in caso di un'ipotetica riforma semipresidenziale.
Dal Quirinale trapela l’auspicio che nessuno nutra aspettative improprie sottolineando il senso dell’autentica natura e dei limiti del pronunciamento della Consulta, pronunciamento che - si avverte - non può essere confuso con gli esiti dei processi penali del Cavaliere.
RIENTRO A ROMA
Berlusconi è atteso in giornata a Roma. E l’ordine già impartito ai colonnelli azzurri è stato perentorio: tenere i toni bassi. Attaccare D’Alema e Renzi, certo, colpevoli di «lesa maestà verso il Cavaliere, ma non certo il governo. Anzi. Non solo – recita una nota personale di Berlusconi – «è falso farmi apparire come un nemico dell’Euro e dell’Europa», sottolineando, e il sostegno e «l’assoluta lealtà» al governo Letta. Il governo non cade, dunque, neppure se oggi la Corte Costituzionale dovesse dar torto al Cavaliere. Né, di certo, sarà la giustizia il banco di prova del sostegno al governo. Nessuna manifestazione di protesta è prevista, per dirne una, né oggi né nei prossimi giorni. Lo sarà semmai l’economia, a partire da Iva e Imu, oltre alle politiche anti-austerity, temi perfetti per qualsiasi campagna elettorale. E pur tuttavia Berlusconi ai suoi ha confidato di aspettarsi «il peggio».
PESSIMISTA
Pessimista e scettico, Berlusconi attende fremente di sapere cosa decideranno i giudici. «Il relatore è Cassese, hai 11 giudici contro quattro contro», lo avrebbero messo in guardia i falchi azzurri nei colloqui del fine settimana. Nulla di buono, insomma. Poi il 24 giugno arriverà la sentenza sul caso Ruby, ma di primo grado, ed entro fine mese quella della Cassazione sul lodo Mondadori. Ma è il processo sui diritti Mediaset a turbare i sonni del Cav con la perdita dello scranno parlamentare alla fine del tunnel dell’orrore. Le elezioni anticipate, d’altra parte, oggi non sono viste come una possibilità concreta, anche per i falchi berlusconiani, e l’incubo delle maggioranze variabili aleggia. Non resta che sottoporre il Letta a uno stress continuo: «Se non c’è l’azione del governo, non c’è il governo», era ieri il mantra più in voga nel Pdl. Né, tantomeno, le riforme. E allora sì che tutto potrebbe succedere.