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Pescara, 16/12/2025
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Data: 21/06/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Sanitopoli, la Regione chiede i danni: 146 milioni di euro. L’avvocato Benedini: «Qui non ci sono i Tortora, ma gli affamati di denaro»

PESCARA «In questo processo farò richieste onerose, patrimoniali e non, perché l'argomento di questo processo, il movente di tutto questo malaffare è il denaro. Ci sono gli assetati di denaro come Vincenzo Angelini e le varie cliniche private, e ci sono gli affamati di denaro come i funzionari della pubblica amministrazione».
Così l'avvocato Daniele Benedini, che nel processo sullo scandalo della sanità contro l'ex governatore Ottaviano Del Turco e altri 22 imputati ha concluso il suo intervento come parte civile in rappresentanza della Regione Abruzzo, chiedendo complessivamente un risarcimento danni di 146 milioni di euro, di cui 33 di provvisionale. Un intervento, il suo, chiaro, incisivo e puntuale, in cui Benedini non ha fatto sconti a nessuno: «Non è una banda che si diverte a commettere reati -ha detto, rivolto al collegio- , ma persone che hanno scelto di usare la pubblica amministrazione per mettersi in tasca i soldi».
Il suo intervento, fra quelli delle parti civili, era forse il più atteso visto che rappresenta, in sostanza, tutti i cittadini abruzzesi gravati da accise varie anche per risanare una voragine della sanità provocata, a dire dell’avvocato, dalle malefatte di amministratori pubblici senza scrupoli, della giunta di centrodestra così come quella di centrosinistra.
«A differenza della prima associazione per delinquere -spiega il legale parlando dei due schieramenti politici che si sono avvicendati alla guida della Regione- , questa (riferendosi alla giunta Del Turco; ndr) è connotata dall'ipocrisia: si picca di aver portato al risanamento, tanto che poi la sanità abruzzese è stata commissariata. Un’ipocrisia che si concretizza con concussioni sempre più costrittive da parte di un'associazione per delinquere che ha sempre schiaffeggiato Angelini con restrizioni progressive di posti letto, spese e via dicendo, mentre progredivano i fatti di concussione. Era però solo un gioco di facciata, una vetrina che sottendeva l'assoggettabilità di Angelini per costrizione».
E poi ancora, parlando dei testimoni che sono stati via via presentati nel corso del lungo processo nel tribunale di Pescara: «Qui ci sono solo testimoni, non pentiti di camorra. Non ci sono martiri della giustizia. Non è possibile equiparare certi imputati ad altri soggetti che sono stati assolti in sede di giustizia: qui non ci sono i Tortora».
MARITI TRADITI
Infine Benedini ha focalizzato il suo intervento anche sulla famosa tangente da 200mila euro che Angelini avrebbe consegnato a Del Turco direttamente nella sua casa. «La difesa si chiede dove sono quei soldi? Sono rimasti a casa Del Turco».
E a questo punto l’avvocato ha voluto raccontare una breve storiella per far comprendere meglio il suo concetto. «C'è un marito che va dall'investigatore privato per l'infedeltà della moglie. La donna viene seguita nella casa dell'amante, ma nel momento in cui i due si adagiano sul letto si spengono le luci. Il marito dice: accidenti, non ho la prova della infedeltà. In questo processo abbiamo sentito tanti mariti traditi».

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