ROMA Dieci anni dopo sotto lo stesso cielo. Non accadeva dal mega raduno del Circo Massimo, datato 2003, che i popoli della Cgil, della Cisl e della Uil si ritrovassero quasi a conferire l’imprimatur alla riconquistata unità sindacale. Dieci anni fa, «i tre milioni in piazza», segnarono la sconfitta di Silvio Berlusconi e del suo progetto di revisione delle pensioni, insieme alla consacrazione di Sergio Cofferati astro nascente, seppure fugace, di una sinistra uscita malconcia dal confronto elettorale con il Cavaliere e che immaginava di aver individuato nel ”Cinese” il leader che l’avrebbe portata alla riscossa. I centomila (stime degli organizzatori) che ieri mattina hanno affollato piazza San Giovanni avevano ed hanno coordinate diverse, ma che convergono tutte su un unico obiettivo, quello del lavoro. Che non c’è.
Tutti insieme, come dieci anni fa, a testimoniare che il momento è drammatico e la prospettiva allarmante. In quella folla di centomila uomini e donne che arrostisce sul sagrato del ”tempio storico” del sindacato c’è poca speranza, ma tanta determinazione nel chiedere al governo l’impegno a cambiare rotta perché «il Paese non ce la fa più». «Lavoro e democrazia», slogan magari banale, ma che allinea i binari lungo i quali l’Italia dovrebbe almeno iniziare a camminare per legittimare la speranza di uscire dal tunnel della crisi. Perché fino ad oggi - da anni - poco o nulla si è fatto per creare occupazione e prospettive di crescita. E’ una emorragia. Anche il governo Letta entra nel mirino delle confederazioni. L’accusa è quella di aver fatto poco o nulla. Salvo aver lanciato annunci estemporanei che poi, alla prova del campo, non hanno sortito alcun effetto.
LE ACCUSE
Le colpe del premier e, ovviamente, dell’esecutivo da lui guidato, il leader Cgil Susanna Camusso, le mette in fila dal palco di San Giovanni attraverso una serie di interrogazioni volanti: «Presidente, siamo davvero convinti che c’è un futuro per questo Paese se il sistema industriale si trova al punto più basso mai toccato durante la crisi? Presidente, pensa davvero che cambi qualcosa se si fanno un po’ di incentivi per i giovani e, però, non si costruisce un posto di lavoro che sia uno? Abbia il coraggio di decidere ora e non tra qualche mese. Noi questo Paese lo vogliamo salvare, serve un cambio di passo perché quanto fatto finora non ci accontenta». «Il Paese perisce e la gente si perde in chiacchiere», tuona il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni: «Bisogna dimezzare le tasse...presidente, abbia coraggio, dica se sta con questa piazza o con i riti bizantini della politica». E basta, per favore, sollecita Camusso con i tavoli che si affastellano al ministero dello Sviluppo economico: «Bisogna dare delle risposte». Per esempio, sulla cig in deroga e il problema degli esodati. Possibilmente, prima di settembre. Come minimo, avverte il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, la lotta proseguirà ad oltranza: «Questa di oggi non è una manifestazione per dire che ci siamo. Vogliamo essere chiari: in un Paese in cui la preoccupazione maggiore sembra quella di scommettere sulla durata del governo, be’ noi diciamo che quelli che staccheranno la spina all’esecutivo saranno i cortei dei disoccupati».