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Data: 23/06/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Aumento Iva verso il rinvio. Saccomanni al lavoro per lo slittamento a settembre, diverse opzioni per i risparmi necessari

Scontro sul fisco, Alfano: attuare programma o governo a rischio. Il Pd: diktat a se stesso

ROMA Pronto il rinvio per l’aumento dell’Iva. Alta tensione nel governo alla vigilia del Consiglio dei ministri di mercoledì. All’ultimatum di Alfano («Se non si realizza il programma l’esecutivo non va avanti») risponde Franceschini: «Essendo vicepremier, è un diktat a se stesso. Ma non indica le coperture». L’irritazione di Letta: il rinvio a settembre è già concordato. Intanto il ministro Saccomanni lavora ai tagli. Martedì vertice di maggioranza per decidere il provvedimento e le sue conseguenze.

Tensione ai massimi nel governo e nella maggioranza alla vigilia del Consiglio dei ministri di mercoledì che dovrà cercare di sciogliere il nodo Iva. Ieri, Angelino Alfano, che dell’argomento aveva parlato a quattrocchi pranzando venerdì con Enrico Letta, ha scelto di alzare il volume alle richieste del Pdl lanciando un ultimatum all’esecutivo di cui egli stesso è vicepresidente. «Il destino del governo - ha detto il segretario azzurro in collegamento telefonico con il Festival del lavoro - è legato al programma e se non è realizzato il governo non va avanti. Dobbiamo intervenire sulle tasse e detassare le nuove assunzioni. Sono questioni fondamentali e, a partire dall’Iva, la nostra linea è evitare l’aumento della tassa».
L’ukase di Alfano faceva partire un fitto bombardamento d’appoggio di esponenti del Pdl sulle posizioni del Pd più reticenti o più dubbiose a destinare le poche risorse disponibili al blocco di Iva e Imu, cavalli di battaglia e di propaganda del partito del Cavaliere. Ma ad interrompere questo coro veniva in serata una durissima replica ad Alfano di Dario Franceschini: «Ogni giorno - dichiarava il ministro dei Rapporti con il Parlamento - ci sono esponenti politici di maggioranza che minacciano la caduta dell’esecutivo se non vengono adottate le necessarie misure economiche, ovviamente senza indicarne le necessarie coperture. Adesso siamo arrivati - constata Franceschini - alla perfezione dei diktat al governo pronunciati da esponenti che del governo fanno parte. Evidentemente lanciano ultimatum a se stessi».
SECCA REPLICA
Altrettanto secca la risposta di Stefano Fassina che osserva: «Alfano è vicepresidente del Consiglio. Nessuno nel governo vuole aumentare le tasse. Oltre a ricordare gli obiettivi condivisi contribuisca a trovare le soluzioni», ironizza il viceministro dell’Economia, che propone anche un’altra chiave di interpretazione dei fatti chiedendosi se Alfano «non cerchi di scaricare sul piano programmatico del governo le tensioni accumulate da Silvio Berlusconi sul versante giudiziario».
L’argomento tasse, e soprattutto Iva, resta comunque incandescente e dopo essere esaminato martedì in un vertice di maggioranza, sarà sul tavolo della direzione del Pdl convocata per mercoledì da Berlusconi.
Apprezzamento incondizionato nel Pdl, come si diceva, dell’avvertimento di Alfano. Renato Brunetta sentenzia: «Parole di assoluta chiarezza del nostro segretario. Dal Pdl massima lealtà verso l’esecutivo, ma provvedimenti economici come la cancellazione definitiva dell’Imu sulla prima casa e lo stop all’Iva sono la nostra stella polare da seguire senza se e senza ma». Sulla stessa linea del capogruppo alla Camera, Daniela Santanchè. Mentre Maurizio Gasparri lapidariamente la mette giù così: «No tasse oppure no al governo». Sul versante opposto, inviti alla prudenza da vari esponenti del Pd. «Un consiglio ai falchi del Pdl» lo dà Vannino Chiti: «Attenzione a tirare troppo la corda con provocazione quotidiane, perché poi si spezza. E se si rompe, non vogliamo valzer di alleanze, ma non ci rassegneremo a tornare al voto con il porcellum». Anche il leader di Centro democratico Bruno Tabacci sconsiglia Alfano e Brunetta a continuare sulla «linea del partito di lotta e di governo adottata col governo Monti». Mentre Pier Ferdinando Casini invita tutte le forze che sostengono il governo a «trovare il modo di rinviare l’aumento dell’Iva senza tatticismi».

Si lavora su accise e taglio degli investimenti

ROMA La decisione sull’Iva sarà politica. A via Venti Settembre c’è piena consapevolezza del fatto che il tema dello scatto dell’aliquota va oltre le sue coordinate tecnico-finanziarie. Per cui alla fine il ministro Saccomanni appronterà la soluzione che sarà ritenuta necessaria, quindi con tutta probabilità un rinvio di tre mesi della scadenza del primo luglio. Ma il titolare dell’Economia ha messo in chiaro, e continuerà a farlo, che anche una scelta temporanea dovrà avere una copertura piena, pur se magari destinata ad essere rimpiazzata da voci più definitive in autunno con la legge di stabilità.
Si lavora quindi, faticosamente, ad un mix tra maggiori entrate e risparmi di spesa. Sul fronte tributario un classico delle situazioni di emergenza è il ricorso ad un aumento delle accise. Data la difficoltà ad intervenire ancora sui carburanti, toccati tra l’altro seppur in modo contenuto anche dal “decreto del fare”, stavolta sarebbe il turno di alcolici e sigarette (non escluse eventualmente anche quelle elettroniche). Dal lato della spesa invece viene invece valutato il definanziamento di alcuni investimenti infrastrutturali non immediatamente realizzabili ma che dispongono di una dote. È il caso ad esempio di quelli previsti dal trattato di amicizia italo-libico, già depotenziati dall’ultimo provvedimento del governo, che ha spostato le risorse verso altre opere. L’alternativa, visti i tempi stretti, sono tagli lineari ai bilanci dei ministeri.
IL VINCOLO DEL DEFICIT
Quel che è certo è che il rispetto del vincolo del 3 per cento nel rapporto deficit/Pil non può nemmeno essere messo in discussione: significherebbe vanificare gli sforzi fatti dal Paese negli ultimi due anni. Dopo la decisione di sbloccare i pagamenti della pubblica amministrazione il disavanzo è proiettato nel 2013 al 2,9 %, ma quella stima risente di un contesto forse un po’ più favorevole di quello attuale. Preoccupa il gettito tributario, a partire da quello della stessa Iva: se le cose andassero avanti così anche gli eventuali maggiori introiti legati alle fatture dei pagamenti della Pa, comunque incerti, potrebbero servire a compensare quelli venuti meno per la recessione. E preoccupa anche il contesto internazionale tornato ad annuvolarsi in particolare per le probabili prossime mosse della Fed americana: in un quadro di rialzo generalizzato dei tassi verrebbe meno quel dividendo sotto forma di minori interessi, su cui fino a qualche settimana fa si faceva affidamento. D’altra parte, nello stesso decreto legge sui debiti della Pa è stata inserita una rigorosa clausola di salvaguardia, che impegna il governo - in caso si accendesse la luce rossa del deficit - a sospendere i pagamenti e se necessario anche a mettere in atto misure correttive. Ecco perché i margini di azione sono strettissimi, anche se si tratta di mettere in campo solo un miliardo nel caso di slittamento limitato a tre mesi.
RISPARMI DIFFICILI
Sul versante della spesa, la prosecuzione della spending review è certamente nei programmi del governo, ma per loro natura operazioni di questo tipo non possono assicurare risparmi immediati. Difficile invece che possa essere chiesto un altro sacrificio a Regioni e Comuni: con questi ultimi del resto l’esecutivo dovrà gestire nelle prossime settimane la delicata partita delle revisione dell’Imu e della tassazione immobiliare in particolare. Gli altri dossier aperti sono quelli delle tax expenditures, le agevolazioni fiscali da razionalizzare, e dei sussidi alle imprese.

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