ROMA «La situazione è estremamente difficile, soldi non ce ne sono. E lo sa benissimo anche Alfano, certe uscite sono incomprensibili...». Enrico Letta non ha preso bene l’ultimatum del vicepremier e ministro dell’Interno al governo. Tant’è che da Piacenza, dove è andato al matrimonio della deputata del Pd Paola De Micheli, Letta ha concordato al telefono la dura replica di Dario Franceschini all’esponente del Pdl. Anche perché, in base a quanto trapela da palazzo Chigi, nel pranzo di venerdì tra premier e vicepremier sarebbe stato deciso un rinvio dell’Iva. «E anche se capiamo le difficoltà di Alfano, costretto a volte a parlare da segretario del Pdl e altre volte da vicepremier», sibila un ministro Pd, «è assurdo che il giorno dopo lanci diktat su una questione decisa insieme».
Amarezza e disappunto a parte, nel premier prevale la preoccupazione. Letta teme uno nuovo scossone nel caso domani Silvio Berlusconi dovesse essere condannato in prima istanza al processo-Ruby. E per tentare di ammortizzare il contraccolpo, ha convocato per martedì un vertice di maggioranza.
Il summit Pd-Pdl-Scelta civica servirà per placare gli animi. Per richiamare «al senso di responsabilità». Per spiegare, una volta di più, che «non si sta al governo a ogni costo». Ma anche, e soprattutto, per decidere la sorte dell’aumento dell’Iva previsto per il primo luglio. Letta è determinato a un rinvio di almeno tre mesi. Costo: 1 miliardo. Due miliardi, se lo slittamento dovesse essere di sei mesi. «E non perché ce lo chiede il Pdl», dicono a palazzo Chigi, «anche il Pd è fermamente convinto che scongiurare l’aumento dell’Iva serva a favorire la ripresa economica. Ma il problema sono le coperture, per nessuna ragione al mondo il premier accetterà di fare nuovo deficit, di violare il patto europeo del pareggio di bilancio al 3 % del Pil».
«METTETECI LA FACCIA»
E qui entra in gioco il ministro dell’Economia. Fabrizio Saccomanni ha spiegato a tutti, ministri del Pdl compresi, che non c’è un solo euro in cassa. E di fronte al pressing dei partiti ha deciso di gettare la palla nel campo avverso, quello degli altri ministri. Con un ragionamento che suona più o meno così: “Volete rinviare l’Iva? Benissimo, ma allora decidiamo insieme dove tagliare. Tutti dovranno mettere la faccia su tagli che saranno molto dolorosi”. Alfano e il Pdl compresi.
Così, da qualche giorno di tecnici della Ragioneria generale sono a lavoro per effettuare delle simulazioni con varie opzioni di tagli. Della serie: fondi di ministeri da sforbiciare, ospedali da chiudere, opere pubbliche già finanziate da posticipare. E il vertice di maggioranza di martedì si annuncia «molto doloroso», per usare le parole di una fonte ben informata, «dove dovranno essere impugnate le forbici per decidere i tagli e tutti dovranno assumersene la responsabilità».
Sulla scorta delle decisioni assunte dal vertice, mercoledì Letta aprirà la riunione del Consiglio dei ministri. Se il summit di maggioranza sarà stato risolutivo, verrà varato il decreto con il rinvio dell’Iva. Se sarà stato invece interlocutorio, la decisione verrà posticipata a un’altra riunione venerdì pomeriggio, al ritorno dal Consiglio europeo. Di certo, per ora, c’è solo che nell’agenda del Consiglio dei ministri di mercoledì figura il pacchetto-lavoro, con la cancellazione del cuneo fiscale per le aziende che assumono giovani: i soldi in questo caso ci sono, verranno rastrellati dai fondi strutturali europei che le Regioni non sono riuscite a spendere.
Comunque vada, chiusa per qualche mese la questione dell’Iva, subito dopo si aprirà la querelle sull’Imu. Il Pdl insiste per il totale azzeramento, Ma visto il «drammatico» problema delle coperture, Letta e il Pd sono intenzionati a una semplice «rimodulazione», lasciando l’Imu sulle case di pregio di proprietari «Paperoni», per usare una definizione del viceministro Stefano Fassina. E si annuncia una nuova guerra, strettamente legata alla vicende giudiziarie di Berlusconi.